Quella casa nel bosco

Titolo originale: The cabin in the woods
Regia: Drew Goddard
Cast: Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Anna Hutchinson, Fran Kranz, Jesse Williams, Richard Jenkins, Bradley Whitford, Amy Acker, Brian White
Produzione: USA
Anno: 2012
Durata: 95 minuti

TRAMA

Cinque ragazzi trascorrono un week-end in una casa isolata tra i boschi, ma presto si accorgeranno di non essere soli. Nel frattempo, alcuni tecnici sorvegliano a distanza ogni loro mossa da una sala di controllo.

RECENSIONE

Annunciato per il 2010 ma rimasto nel limbo per due anni a causa della bancarotta della MGM, arriva nelle sale “Quella casa nel bosco”, esordio alla regia dello sceneggiatore Drew Goddard (Cloverfield), che ha scritto il film in collaborazione con Joss Whedon, regista del fortunatissimo “The Avengers” e inventore di “Buffy” e “Angel”.
Divertita destrutturazione dell’horror-movie, il film fa un allegro falò degli stereotipi fondativi del genere, lasciandone soltanto le ceneri. L’incipit, a cui abbiamo assistito un infinito numero di volte, mette in scena il consueto gruppetto di studenti di college, ognuno corrispondente a una precisa tipologia: Holden, l’intellettuale compassato; Marty, la spalla comica; Curt, il maschio alpha; Jules, la ragazza sessualmente aggressiva; Dana, la vergine. Ognuno di loro è un archetipo, così’ come la casa nel bosco è l’epitome di decine di altre “case”, da Sam Raimi a “Cabin Fever”, e svela sin dall’inizio la propria natura di set artificiale. I goliardici tecnici della sala controllo/regia, trasparenti alter ego di Whedon e Goddard, manipolano leve, schiacciano interruttori, si assicurano che tutto vada come deve andare, in modo da soddisfare le aspettative del pubblico che richiede il suo rituale sacrificio di sangue ma, per carità, fatto secondo le regole. Il gruppetto ha la facoltà di decidere di quale morte morire, di innescare la fabula a seconda dell’oggetto manipolato (carillon, bambola, medaglione, diario, sfera pseudobarkeriana), anche se, a voler essere pignoli, non tutti appaiono congruenti con il set. Nel frattempo il regista-demiurgo e il suo sceneggiatore azzerano psicologie e indirizzano le dinamiche tra i personaggi utilizzando sostanze chimiche. I cinque ragazzi vengono spogliati della loro individualità, abbassandone l’intelligenza e innalzandone la libido, proprio come in un qualsiasi “reality show”. Il pubblico della sala di controllo può scommettere, ma solo tra un numero limitato di alternative, le medesime proposte da un genere ormai fortemente convenzionale. Questa volta avremo a che fare con semplici “Zombies” oppure con una più appetitosa “Zombie Redneck Torture Family”? Qualunque sia la scelta, il risultato è immutabile.
Il “Truman Show” dell’horror riserva però più di una sorpresa e molta ironia, fino a scomodare l’orrore cosmico del Lovecraft buonanima. Strada facendo, vengono smontati i meccanismi dello slasher, un po’ come avveniva nel divertente “Behind the Mask: The Rise of Leslie Vernon” (2006) di Glosserman, rispettando minuziosamente l’ordine dei decessi; si sbeffeggiano orde di anonimi sceneggiatori, che riducono i personaggi a marionette senza cervello; si demoliscono legioni di registi privi della seppur minima inventiva; si fa l’apoteosi del cinefilo-nerd che, abbagliato dalla truculenta mischia teratologica, potrà considerarsi appagato da una copiosa messe di citazioni. L’enciclopedico citazionismo si eleva a cosmogonia per il piacere dello spettatore, ma l’ilarità sovente bordeggia la vacuità. Il trastullo metalinguistico che aspira al saggio critico, arguto quanto si vuole, è alla fine una constatazione di “impotentia generandi”, come accadeva per gli innumerevoli “Scream” del pessimo Kevin Williamson, che ha definitivamente affossato il genere. Essendo impossibilitati a creare nuove forme, inabili all’invenzione, si ironizza sull’appetito malsano del pubblico per l’iterazione fine a se stessa e al tempo stesso si innalzano lamentazioni. E’ assodato che l’horror d’oltreoceano perseveri nel rimasticare esausti clichè o a proporre remake snaturati di senso ma, pur smaliziato, spassoso (irresistibile il set in stile J-Horror) e intelligente, neanche “Quella casa nel bosco” offre una soluzione accettabile a una situazione di stallo. Se si vuole esulare dalla norma tocca distogliere lo sguardo dalle produzioni americane e rivolgersi verso la Francia (Laugier e Maury & Baustillo), la Spagna (Balaguerò) e persino la Svizzera (l’ottimo “Sennentuschi” di Steiner). Nel cast si segnala un Chris Hemsworth pre-Thor e un gustoso cameo di Sigourney Weaver nei panni di “The Director”, definizione che gioca acutamente sul doppio senso della parola.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)