Regia: Juan Carlos
Fresnadillo
Cast: Clive Owen , Carice van Houten, Daniel Brühl, Ella Purnell, Kerry
Fox, Pilar López de Ayala, Lolita Chakrabarti, Mark Wingett, Imogen Gray,
Ella Hunt, Héctor Alterio, Izán Corchero, Adam Leese, Craig Stevenson
Anno: 2011
Nazione: Spagna
Durata: 100 minuti
Mia è una ragazza alle soglie dell’adolescenza che soffre di incubi molto realistici in cui vede un uomo senza volto. Juan è un bambino che ha lo stesso problema, i due vivono in posti diversi e non sembra neanche che ci sia un legame di qualche tipo fra loro. Finchè un giorno John, padre di Mia, non decide di installare delle videocamere nella stanza della ragazza.
Mia ha una bella famiglia e una casa incantevole. I suoi genitori la
amano e si prendono cura di lei. Ma da un certo momento in poi, lei
incomincia ad avere degli incubi spaventosi in cui vede un uomo senza
volto che la perseguita.
Juan vive con sua madre. E’ un ragazzino introverso e spesso di notte
vede un uomo senza volto che entra nella sua stanza. Sua madre decide
allora di farlo incontrare con Padre Antonio, un sacerdote di cui ha
fiducia.
Le angosce ancestrali, in particolare la figura archetipa dell’Uomo
Nero, fanno da sfondo al nuovo film di Juan Carlos Fresnadillo, già
regista dell’onesto 28 Settimane Dopo.
L’Uomo Nero è una delle figure più arcaiche dell’immaginario popolare, e
spesso spauracchio di intere generazioni di bambini indisciplinati. Per
questo risulta assai difficile imbastire un thriller su un tema tanto
comune, senza sfiorare l’ovvio, che in verità rimane sempre acquattato
nell’armadio della giovane Mia, senza uscirne quasi per niente.
Mia ha un armadio decisamente inquietante, quasi come la stanza del
piccolo Juan, che di notte acquisisce strane connotazioni. Le notti
piovose non aiutano e il piccolo non sa più a che santo votarsi. Mia
invece ha un padre che la segue da vicino, e che sembra essere l’unico a
comprendere le sue angosce. Spesso di notte la soccorre e le propone
addirittura uno stratagemma, in verità rassicurante solo per un bambino.
Ma Mia non è più una bambina e questo sembra creare un certo disagio al
suo volenteroso padre.
Partendo dal più ovvio dei luoghi dell’anima, l’armadio che contiene le
più innominabili paure inconsce, Fresnadillo imbastisce un'onesta
costruzione che, funziona bene quasi fino alla fine.
La regia pulita e la recitazione mai sopra le righe, nonostante la
difficoltà del tema, rendono tutto molto accattivante e il risultato è
ben al di sopra dei presupposti iniziali.
I due ragazzi hanno un inconscio popolato da cose sgradevoli, come la
maggior parte dei ragazzini a cui la vita non ha ancora divorato ogni
fantasia, e quindi rimane compito di un adulto aiutarli a superare le
proiezioni e crescere possibilmente senza rinunciare per questo alla
capacità di immaginare. La proiezione fantasmatica del rimosso, che
torna sempre sotto forme mostruose proprio a causa della forzata
rimozione, è uno dei cardini su cui si fonda il lavoro di analisti e
psicoterapeuti. In quanto intollerabili per la loro intensità, spesso la
maggior parte dei ricordi dolorosi viene spazzata via dalla mente
cosciente e relegata nel regno del sogno e della fantasia.
Ma qua continua la sua vita clandestina, acquisendo potenza dal fatto di
esser stata dimenticata, e spesso nutrendosi delle emozioni negate dalla
mente consapevole. Nei percorsi cosiddetti normali, la maggior parte
delle persone usa questo materiale del tutto inconsapevolmente
nell’esercizio della fantasia, ma in caso di ricordi particolarmente
violenti il ritorno è sempre accompagnato da uno sconvolgimento di tipo
emotivo.
Ed è qua che Fresnadillo spinge a forza lo spettatore: in quella terra
di nessuno, cui tutti una volta nella vita hanno fatto visita. Mia e
Juan sono spettatori di una gigantesca rimozione e della violenza che
questa mette in campo per poter accedere di nuovo alla coscienza. E lo
spettatore assiste del tutto impotente, almeno una volta, all’entrata in
scena dell’Uomo Nero in tutta la sua inquietante presenza. Purtroppo il
momento di maggiore enfasi è posto tutto nell’apparizione
dell’archetipo, e il resto del racconto non può che rimanerne offuscato.
A nessuno piace davvero che si accenda la luce e li si inviti a guardare
nell’armadio o sotto il letto. Lo sappiamo tutti che, a luci spente e
armadi richiusi, il male tornerà a minacciarci, e nessun genitore
amorevole potrà mai evitare che qualche volta ci prenda davvero.
Voto: 6
(Anna Maria Pelella)