Regia: Roman
Polanski
Cast: Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer
Produzione: Usa
Anno: 1968
Durata: 136 minuti
Guy e Rosemary, una giovane coppia di sposi, si sono appena trasferiti
in un lussuoso appartamento di New York. L’ambiente è accogliente e
anche i vicini di casa, i signori Castevet, sono gentili e premurosi.
Tutto sembra essere perfetto, ma qualcosa preoccupa Rosemary.
Un’inspiegabile ansia cresce in lei di giorno in giorno, mentre strani
fatti le accadono intorno, come gli improvvisi successi lavorativi del
marito oppure i vicini di casa un po’ troppo invadenti.
Inoltre Rosemary scopre di aspettare un bambino...
Correva l'anno 1968, il "Sessantotto" scritto in lettere come spesso
capita di leggere sulle riviste o nei libri.
Un anno importante per molti aspetti storici e culturali, tra i quali il
cinema. E il genere fantastico, in quell'anno, fu plasmato nella sua
forma migliore.
Kubrick ci ha presentato l'ignoto, un anno prima dello sbarco sulla
Luna, Romero ha riportato in vita i morti e Polanski dirigeva il suo
capolavoro: Rosemary's Baby, uscito in Italia con il bellissimo (una
volta tanto) sottotitolo "Nastro rosso a New York".
Dimentichiamoci per un momento gli stereotipi dei film di paura ai quali
il cinema ci ha abituato fino a quel momento: creature costruite da
scienziati pazzi, succhiasangue che si trasformano in pipistrello,
uomini lupo e mummie. Polanski, con una demoniaca metafora, ci presenta
un nuovo mostro che tutti, bene o male, abbiamo incontrato nella nostra
vita: il vicino di casa.
Il tema dell’appartamento è caro a Polanski (che riprenderà anche ne
"L'inquilino del terzo piano" e già parzialmente presentato con
"Repulsione"), e lo dirige con maestria e lentezza, mettendoci la perfidia
necessaria ad un horror coi fiocchi, ma senza disgustarci con inutile
sadismo.
Il risultato è un classico dell’orrore.
I vicini di casa di Rosemary, i signori Castevet, sono una coppia di
adorabili vecchietti educati, ma eccessivamente premurosi nei confronti
del figlio che la giovane donna porta in grembo.
Nulla di strano, ma l'apparenza inganna come si usa dire. Dietro i
sorrisoni della signora Castevet, magistralmente interpretata da Ruth
Gordon (premiata con l'Oscar), e nelle gentilezze del signor Castevet,
si cela qualcosa di oscuro, di maligno che inizialmente si sviluppa
negli inquietanti sogni di Rosemary, per poi insinuarsi anche nella
realtà.
Le strane cantilene attraverso le pareti e il comportamento anomalo del
marito sono solo l'inizio della caduta di Rosemary e della rivelazione
di quello che in realtà sono i Castevet. L'appartamento in cui vive la
giovane coppia, (luminoso e colorato, al contrario delle convenzionali
case-prigioni del cinema horror e per questo stonato e allarmante)
diventa l’angosciante gabbia dalla quale Rosemary non riesce a fuggire,
che si chiude su di lei, imprigionandola e facendola precipitare in un
baratro di follia.
Tutto il film si basa sull’immaginazione, su una paura che non si riesce
a materializzare, fino al finale senza speranza.
In sostanza, l'orrore, sussurrato, vive nell'appartamento accanto al
tuo, ha l'aspetto delle persone con cui passi il tempo, con cui bevi un
caffè e lo saluti ogni volta che lo incontri sulle scale.
Non sai che l'orrore è lì, non lo puoi vedere perchè indossa la maschera
della normalità e ti sorride come un clown ambiguo. E senti che dietro
la maschera si cela qualcosa di marcio, lo provi, ne percepisci il
disagio.
E l'orrore è come l'aria, passa attraverso le fessure delle porte e
delle finestre e si insinua nella tua casa, nella tua vita e nella vita
dei tuoi cari. Ti si infila nella testa e ti porta alla follia e mentre
impazzisci prende forma nel tuo corpo, fino a diventare il Male.
Non un male per il quale servono medicine.
Il Male.
Quello con la emme maiuscola.
Voto: 9,5
(Andrea Costantini)