Regia: Joe D'Amato
Cast: Kieran Canter, Cinzia Monreale, Franca Stoppi, Sam Modesto, Anna
Cardini, Lucia D'Elia, Mario Pezzin, Klaus Rainer, Walter Tribus,
Edmondo Vallini, Simonetta Allodi
Soggetto: Giacomo Guerrini
Sceneggiatura: Ottavio Fabbri
Paese: Italia
Anno: 1979
Durata: 90 minuti
Francesco è un ragazzo fragile, quasi angelico, ma comunque afflitto da
una purezza di tipo malsano, è orfano sia di padre che di madre e ha
vissuto gli anni della sua giovinezza sotto l'influsso della governante
Iris: una donna tetra, carnale, austera, archetipo di alcune donne del
sud antico, una personalità femminile controversa, forte e devota allo
stesso tempo.
Fra i due c'è un rapporto morboso, sembra che Iris voglia assoggettare
Francesco, essere per lei madre, amante e consigliera, insomma
inglobarlo completamente in un concetto totale di amore, amore deviato
direbbero in molti.
Ma tra Iris ed il giovane padrone di casa c'è Anna, la donna di
Francesco, figura totalmente opposta a quella nera e malinconica di
Iris; Anna è angelica, soave, quasi ineffabile, la governante non potrà
mai rivaleggiare con lei; ed è per questo che Iris affida alcune foto di
Anna ad una fattucchiera.
Presto Anna muore lasciando in Francesco un vuoto incolmabile, Iris
crede ormai di averlo in pugno, essendo rimasta l'ultima persona a lui
vicino, ma non è così.
Francesco è un esperto imbalsamatore, il suo dolore lo conduce a
compiere un atto empio quanto folle, di notte si introduce furtivamente
nel cimitero e trafuga il cadavere della sua amata.
Da questo momento in poi avrà inizio il totale declino psicologico di
Francesco, a partire dalla fenomenale scena dell'imbalsamazione, di uno
splatter disturbante, con viscere e fluidi organici in abbondanza,
rappresentati con crudo realismo e impeccabili effetti speciali, in cui
Francesco mangia il cuore della sua amata, affondandovi i denti con
tenero trasporto, conducendola per sempre dentro di sé (a volte è
toccante l'amore tragico che muove il giovane); altra scena memorabile,
di un nero, morboso lirismo, è rappresentata dalla vestizione della
morta, che nel suo candore di bambola inerte ed esangue si lascia
vestire passivamente dall'amante impazzito sotto un gotico passaggio
musicale firmato Goblin (scusate se è poco).
Francesco è costretto a coprire il suo blasfemo simulacro compiendo
delitti su delitti, in questo viene appoggiato dalla governante Iris,
che crea questo rapporto di malsana complicità allo scopo di tenerlo
ulteriormente legato a lei, lascia che Francesco si tenga il suo
balocco, sperando che prima o poi la sposi e ne accetti l'autorità,
anche se tra i due non mancano già sordidi e tristi rapporti sessuali.
Le cose peggioreranno ulteriormente poi, quando nella villa di
Francesco, inquietante in tutto e per tutto, dalla architettura
all'arredamento, farà la sua comparsa la sorella di Anna, uguale e
identica all'amata perduta.
Il film nella sua prima uscita a metà anni ottanta non riscosse alcun
successo, ma questo succede ad ogni capolavoro, la trama invece è molto
psicologica e sottile, tutt'altro che uno splatter demenziale anni
ottanta, accompagnato da una colonna sonora mirabile; l'ambientazione
poi, in un Trentino morboso, silenzioso e solitario, fa da perfetta
cornice alla fosca, tragica vicenda narrata con sanguinosa eleganza dal
genio Joe D'amato, in cui il cannibalismo e la sadonecrofilia sono
imperanti ma dove c'è spazio anche per un amore indistruttibile, lirico,
talmente forte che riesce a scavalcare persino la morte.
Stupefacente la frase della vecchia megera che verso la fine del film
passeggia per strada farfugliando: "Corpo di morta, la vita ti andrà
storta..."
Buona visione.
Voto: 10
(Davide Giannicolo)