Titolo originale:
Never let me go
Regia: Mark Romanek
Cast: Carey Mulligan, Keira Knightley, Andrew Garfield, Domhnall
Gleeson, Sally Hawkins, Charlotte Rampling, Andrea Riseborough, Nathalie
Richard, Isobel Meikle-Small, Ella Purnell, Charlie Rowe
Sceneggiatura originale: tratto dal romanzo "Non Lasciarmi" di
Kazuo Ishiguro edito in Italia da Einaudi
Nazione: UK, Usa
Durata 120 minuti
A Hailsham, un esclusivo college nella campagna inglese, in un presente alternativo Kathy, Tommy e Ruth scoprono di essere dei cloni e di esser stati allevati con lo scopo specifico di fare da donatori per il trapianto degli organi. La loro aspettativa di vita è piuttosto breve e il loro legame sarà la sola cosa che gli darà la forza di andare incontro al proprio destino.
Tratto dal romanzo omonimo di Kazuo Ishiguro, già autore di
"Quel che resta del giorno", abilmente trasposto da James Ivory nel
1993, "Non Lasciarmi" evoca la composta atmosfera del romanzo e nello
stesso tempo riesce a comunicare il senso di straniamento che la lettura
di questa triste e poetica storia provoca nel lettore.
In un presente distopico, dove la pratica delle clonazioni è stata
portata all’estremo, alcuni giovani vengono allevati in college
esclusivi per fare da donatori. In particolare Kathy, Tommy e Ruth fanno
parte di un esperimento che, diversamente dai college definiti
“allevamenti in batteria”, vivono in un’atmosfera relativamente serena e
vengono incoraggiati alla libera espressione artistica. La loro vita
procede nel tentativo di mantenere un’apparenza di normalità fino al
momento in cui cominceranno a donare i propri organi e i tre, completati
gli studi, vengono mandati in una fattoria poco distante. Là iniziano a
vivere una vita quasi normale, per la prima volta al di fuori del
college dove finora erano rimasti confinati.
I loro rapporti a un certo punto si complicano e Ruth e Tommy iniziano
una relazione. Dopo essersi persi di vista all’inizio delle donazioni,
si ritroveranno ancora una volta insieme in occasione di una gita nelle
campagne inglesi.
Dolorosa riflessione sull’etica della clonazione "Non Lasciarmi" pone lo
spettatore di fronte a più di un interrogativo. Se inizialmente il
quesito posto riguarda l’effettiva necessità di fornire a dei cloni una
consapevolezza completa della loro reale funzione, presto il dilemma si
sposta su un terreno più inquietante: i cloni hanno un’anima? Il quesito
è di natura filosofica e, in realtà, non è mai dibattuto apertamente. La
sola insinuazione di questo dubbio basta a dare ai protagonisti una
speranza, l’unica possibile in siffatta situazione: quella di un breve
rinvio. Ma essa è posta su basi fragili, in verità più su un sussurro,
una diceria tramandata da generazioni di cloni, volta ad alleggerire il
portato di un’esistenza votata agli altri, e i ragazzi dovranno infine
fare i conti con la risposta della società. Kathy, Tommy e Ruth sono il
prodotto di una società che, per traslato, consuma le persone come
fossero oggetti e, una volta esaurita la loro funzione, ne costruisce
altri al solo scopo di auto perpetuarsi. Il tutto è pesantemente
allusivo di quelle che oggi tendiamo a considerare le nostre necessità
primarie e di tutto ciò che siamo disposti a fare per soddisfarle.
L’atmosfera è intrisa della vaga tristezza di cui sono velati i sogni
nostalgici e, seppure piena di occasioni di incontro, la storia in sé
invita alla riflessione sulla solitudine che alberga in ciascuno di noi
e sul reale valore della vita umana.
La regia, pur non toccando particolari vette di genio, segue fedelmente
la storia e i protagonisti, vero punto forte di un lavoro altrimenti
quasi televisivo, brillano per compostezza e stoica rassegnazione. La
fotografia retrò e l’ambientazione bucolica fanno il resto, e nel
complesso, seppure non indimenticabile, il risultato raggiunto è tale da
indurre una riflessione e una buona dose di composta malinconia nello
spettatore. Il quale uscirà, forse, chiedendosi quanto possiamo
considerarci lontani da simili traguardi e, cosa più importante, se è il
caso o meno di tentare di raggiungerli.
Voto: 6,5
(Anna Maria Pelella)