Regia: Jalmari Helander
Cast: Peeter Jakobi , Per Christian Ellefsen, Jorma Tommila, Tommi
Korpela, Jonathan Hutchings, Rauno Juvonen, Onni Tommila, Ilmari
Järvenpää, Risto Salmi
Nazione: Finlandia, Svezia, Francia, Norvegia
Anno: 2010
Durata: 84 minuti
Finlandia, nei pressi delle montagne di Korvatunturi. Pietari scopre per caso che gli americani che scavano sulla montagna hanno portato alla luce qualcosa di antico. Nel frattempo nel villaggio cominciano a sparire dapprima alcuni oggetti di uso comune e poi i bambini. Pietari cerca di attirare l’attenzione di suo padre Rauno, ma lui è impegnato con qualcosa che ha trovato nella trappola per renne fuori dalla sua porta. E al ragazzo non resta altro da fare che procedere da solo al disvelamento mistero.
Pietari è un giovane curioso. Contravvenendo agli ordini paterni spia
gli scavi che un ricco americano ha commissionato nella montagna vicino
casa. Le esplosioni mettono in fuga le renne, e la carne scarseggia. Il
ragazzo però non si fa spaventare e scopre così che nel ghiaccio nei
pressi della sua abitazione è sepolto qualcosa di importante.
Pietari non ci mette molto a concludere che “il Babbo Natale della
Coca Cola è una truffa” e che le leggende locali parlano di tutt’altro.
Il Babbo Natale originale, quello finnico dei libri di mitologia, era un
vecchiaccio con delle enormi corna che non si faceva scrupolo di farsi
un bello stufato coi bambini cattivi, e neanche ci pensava a portare
regali a quelli buoni. Pietari non è certo di esser ascrivibile al
gruppo dei bambini obbedienti e quindi per porre rimedio, in vista della
sparizione di alcuni suoi amici leggermente disobbedienti, chiede al
padre una bella sculacciata. Così per mettersi al sicuro dalle ire di
Babbo Natale, il quale ha giusto bisogno di un bello stufato per
rimettersi in sesto.
Deliziosa variazione sul mito finnico del vecchio barbuto, questo "Rare
export: a Christmas tale" segue un paio di corti sullo stesso tema
girati dal regista e si posiziona senza fatica tra i lavori più
originali dell’ultimo anno.
Pietari è l’occhio stesso dello spettatore che, affascinato dal mistero
degli scavi sulla montagna, scopre addirittura che non solo Babbo Natale
esiste, ma che la pubblicità di una potente multinazionale ha del tutto
travisato la realtà storica del mito, inventando di sana pianta un
vecchio buono che premia i bambini meritevoli e che a quelli cattivi,
nel peggiore dei casi, porta del carbone. La realtà dei libri finnici e
delle vecchie illustrazioni però fa subito chiarezza nella mente del
giovane il quale, appena cominciano a sparire i suoi amici, si preoccupa
seriamente e cerca di attirare l’attenzione paterna. Ma suo padre
custodisce un segreto all’interno del suo laboratorio e questo è
direttamente collegato con gli scavi e le sparizioni dei bambini del
villaggio. Sembra possibile immaginare di esser stati derubati dei
propri caloriferi e asciugacapelli a causa della vicinanza col confine
russo, abitato per lo più da povere famiglie per le quali questi oggetti
sono un lusso, ma dei bambini del villaggio chi mai potrebbe aver
bisogno? Partendo da questo interrogativo e studiando i testi antichi
Pietari trova una risposta piuttosto difficile da digerire e del tutto
impossibile da spiegare al proprio padre. I padri, si sa, non prendono
mai sul serio i propri figli, e Rauno non fa eccezione, spedisce quindi
il ragazzo in casa e si mette al lavoro per ricavare qualcosa dal
bottino trovato nella trappola per le renne che aveva sistemato in
cortile.
Il racconto procede così in bilico tra la realtà cruda di un villaggio
abitato da uomini che hanno poco da perdere e niente da guadagnare dalla
presenza sul loro territorio di un ricco americano ossessionato dalle
leggende locali, e la lucidità dell’occhio di un bambino già uomo, che
si fa carico non solo del problema ma anche della sua soluzione con una
maturità e un’intelligenza che finiscono per offuscare rapidamente
quella degli adulti che lo circondano i quali, abbagliati dalla
possibilità di ricavare dei soldi, mettono in piedi qualcosa su cui non
potranno mai avere il controllo.
La fotografia cupa e le immagini in notturna regalano il brivido della
favola antica, di quelle in cui i bambini finivano in pasto a creature
mitiche e il cui terribile contenuto è stato stemperato con gli anni,
sostituendo orchi e demoni con dolci vecchietti e rassicuranti promesse
di premiazione del comportamento esemplare dei bambini che accetteranno
di credere al totale travisamento dei miti originali. La colonna sonora
potente, la regia sobria e la recitazione misurata completano un quadro
già reso affascinante dalla location, suggestiva e impietosa come ci si
immagina debba essere un luogo che sottintende il disvelamento di un
mito antico e senza tempo.
Del tutto meritata quindi l’attenzione che alcuni festival europei hanno
riservato a questo interessante aggiornamento della favola nera. Premio
Variety Piazza Grande a Locarno e quattro riconoscimenti, fra i quali
Miglior Film e Regista, al Fantasy Film Festival di Sitges.
Mentre dal Festival Internazionale della Fantascienza di Trieste porta a
casa altri due premi, vincendo nella sua categoria, Méliès d'Argent per
i lungometraggi europei e conquistando il premio del pubblico.
Inoltre ci pare decisamente incoraggiante il fatto che piccoli gioielli
privi del tutto di effetti speciali possano ancora regalare qualche sano
brivido allo spettatore talmente temerario da accettare di concedere la
sospensione dell’incredulità a un prodotto semplice e immediato,
affidandosi quindi alla rappresentazione nostrana di storie precedenti
la riscrittura americana delle leggende di matrice europea.
Voto: 6,5
(Anna Maria Pelella)