Regia: Federico Zampaglione
Cast: Jake Muxworthy, Karina Testa, Ottaviano Blitch, Chris Coppola
Sceneggiatura: Federico Zampaglione, Domenico Zampaglione, Giacomo
Gensini
Paese: Italia
Anno: 2009
Durata: 80 minuti
David è un soldato da poco tornato dall’Iraq. Per dimenticare gli orrori
della guerra, si avventura per i boschi europei per dedicarsi alla sua
passione: il biking. Il giorno del suo arrivo incontra Angeline, una
ragazza con la sua stessa passione, ma sarà una conoscenza particolare.
Infatti David cercherà di proteggerla mentre due cacciatori tentano di
molestarla. Ma ai cacciatori non piace che qualcuno si intrometta nei
loro affari e inizia così una disperata fuga per i boschi.
Qualcuno di molto più pericoloso dei cacciatori osserva i loro
movimenti, nascosto nel bosco.
Opera seconda del leader dei Tiromancino, Federico Zampaglione che dopo
il noir grottesco "Nero Bifamigliare", si avventura in un genere che
purtroppo in Italia, sta pian piano scomparendo: l’horror.
Il film di Zampaglione è un mix di classici del cinema dello spavento:
la prima parte, in cui David si avventura nei boschi scappando dai
cacciatori, ricorda "Un tranquillo weekend di paura", lo sviluppo
centrale richiama il genere torture-movie in voga negli ultimi anni ("Saw",
"Frontiers") con strizzatine d’occhio a "Non aprite quella porta",
mentre il finale ha il sapore del cult "Allucinazione perversa".
Nonostante lo spettatore abbia la costante sensazione di deja-vu durante
la visione, il film funziona bene. La tensione non manca quasi mai,
soprattutto nella prima bella mezzora e la fuga nei boschi non dà un
attimo di tregua.
Poi il film subisce un radicale cambiamento e ci si tuffa in un film
normale (e un po’ banale) horror di ultima generazione, in cui i
protagonisti subiscono indicibili torture apparentemente senza motivo.
Tuttavia si discosta dagli altri prodotti del genere per l’atmosfera
cupa. E’ un viaggio nel pessimismo più scuro senza via di uscita, che ci
immerge in una carica di nera emotività. E’ un film malsano, tetro,
malato, opprimente e privo di colori, tanto da farci quasi mancare, in
alcune scene, il respiro.
Una nota di merito va alla figura maligna del film. Un mix tra il
Leatherface di "Non aprite quella porta" e il "Nosferatu" di Murnau,
calvo, lento e con i lunghi artigli, omaggi a mostri sacri del cinema,
ma la figura in sé rappresenta qualcosa di ancora più oscuro e maligno,
come ci suggerisce la falce e il cappuccio in una delle sequenze finali.
La morte è vivida nel presente del protagonista, ma lo è soprattutto nel
suo tormentato passato e i fantasmi della guerra si materializzano in un
assassino deforme che non ti lascia via di scampo.
Voto: 6,5
(Andrea Costantini)