Regia: Kim
Hyeong-joon
Cast: Seol Kyeong-gu, Ryoo Seung-beom, Han Hye-jin, Seong Ji-roo,
Park Sang-wook, Nam Kyeong-eup
Produzione: Corea del Sud
Anno: 2010
Durata: 125 minuti
Kang Min-ho, patologo forense, viene incaricato di effettuare un’autopsia sul corpo di una ragazza assassinata, rinvenuta sulla riva di un fiume. Min Seo-yeong, la detective incaricata delle indagini, crede di individuare il colpevole in Lee Seong-ho, attivista di un gruppo di ambientalisti. Quando la figlia di Kang viene rapita da un amico di Lee, tra i due inizia un gioco pericoloso.
“No Mercy” inizia come un qualunque episodio di “Dexter”: il corpo di
una ragazza, sezionato con precisione chirurgica, viene trovato sulla
riva di un fiume. Benchè gli arti siano stati ricomposti, un braccio è
mancante, e il delitto viene subito investito d’un significato
simbolico, cifrato, come nella migliore (o peggiore) tradizione del
thriller americano. I killer, seriali o meno, sono eccentrici enigmisti
che si dilettano nell’inscenare macabre sciarade a beneficio del
pubblico, il cui unico limite è l’immaginazione dello sceneggiatore di
turno. Inutile dire che nella realtà ciò non accade mai; che siano i
sette peccati capitali, allegorie bibliche molto gettonate,
vaneggiamenti cristologici o estetizzanti anamorfosi, allo spettatore si
nega la soddisfazione di un delitto pulito e netto, e si preferisce
trastullarsi con soluzioni lambiccate, scambiando una contorta
improbabilità per intelligenza. Risolvere cruciverba non è garanzia
d’acutezza, ma in questo caso si decide, almeno all’inizio, di seguire
pedissequamente questa impostazione. Il braccio mancante emerge in una
fabbrica, spuntando da un cumulo di cemento; la detective Min non ci
mette molto a mettere in relazione l’avvenimento con le attività di un
gruppo ambientalista, che si batte contro la costruzione di alcune dighe
che altererebbero l’ecosistema dell’area. Si procura un libro scritto
dal capo del movimento e, in un briefing a cui abbiamo la sensazione di
aver assistito un numero infinito di volte, individua il colpevole
tramite una cartina geografica e una fotografia della Venere di Milo.
Fino a qui ci troviamo nel campo del materiale da importazione, tanto
più semplicistico quanto più machiavellico. Riproporre l’ottusa vacuità
del thriller a stelle e a strisce significa inseguire un modello
culturale estraneo alla cultura autoctona, utilizzare in maniera
imitativa uno schema usurato senza avvedersi che costituisce assieme un
peggioramento e una rinuncia. Ma “No Mercy” è un’opera in cui coesistono
due anime, che si combattono furiosamente. La prima fasulla, che il
regista buttà lì come atto dovuto senza crederci troppo, la seconda più
specificamente coreana, anche negli eccessi melodrammatici. Le ragioni
del gioco crudele tra Kang e Lee sono sepolte in un lontano passato, che
scopriremo man mano che si dipanano centellinati flashback, tra
colluttazioni brutali e corse al ralenti scandite da un respiro che è
già un rantolo. Le gelide manipolazioni e la rabbia di Lee, la
disperazione di Kang, disposto anche ad alterare le prove o a
fabbricarne di false pur di salvare la figlia, la muta impotenza di Min,
a cui è delegata la veste di testimone, sono tutti elementi che si
salderanno quando due sofferenze speculari saranno costrette a
confrontarsi e a riconoscersi in una situazione di scacco esistenziale.
Il crudelissimo finale, impensabile nel mainstream americano, colpisce
allo stomaco, pur essendo parzialmente guastato da un eccesso di pathos
che ne sprizza fuori come da un frutto troppo maturo.
Come sempre accade nel cinema coreano, i poliziotti sono un composito
assortimento di cialtroni, e gli obbligati e stridenti siparietti comici
sono riservati a Yoon (Seong Ji-roo), un veterano che affianca Min nelle
indagini.
“No Mercy” non è perfetto e Kim Hyeong-joon, regista esordiente e
sceneggiatore, mette troppa carne al fuoco, ma il film acquista una sua
forza paradossale da questa dicotomia tra due modi diversi, e opposti,
di intendere il cinema. La sua regia è corretta, pur senza raggiungere
picchi elevati, ma può contare sulla sofferta intensità della
recitazione di Seol Kyeong-gu ("Peppermint Candy", "Oasis") nella parte
del tormentato Kang, mentre Ryoo Seung-beom ("Sympathy for Mr.Vengeance",
"Crying Fist") nel ruolo di Lee e Han Hye-jin, al suo debutto
cinematografico dopo molte serie televisive, sono convenzionali. Il film
si è comunque assicurato un buon successo di pubblico, tanto che è al
terzo posto tra gli incassi del 2010.
Voto: 6
(Nicola Picchi)