Regia: Sean Byrne
Cast: Xavier Samuel, Robin McLeavy, John Brumpton, Richard
Wilson, Victoria Thaine, Jessica McNamee
Produzione: Australia
Anno: 2009
Durata: 84 minuti
La vita di Brent Mitchell cambia radicalmente quando rimane coinvolto in un incidente d’auto in cui il padre perde la vita. Oppresso dal senso di colpa, il ragazzo sviluppa tendenze autolesioniste, ma per fortuna può contare sulla sua fidanzata, Holly, che progetta di invitare al ballo di fine d’anno della scuola. Ma Brent non sa di avere un’ammiratrice segreta, Lola, abituata ad ottenere sempre quello che vuole.
Revival in gran spolvero dell’Ozploitation, quella immortalata
nell’istruttivo documentario “Not Quite Hollywood”, questo esordio
dell’australiano Sean Byrne pecca di originalità, ma si fa in parte
perdonare per la discreta padronanza della messa in scena e la buona
prova degli interpreti. Propinare allo spettatore l’ennesima famiglia
disfunzionale con tanto di risvolti incestuosi, naturalmente in chiave
horror-grottesca, non farà certo vincere a Byrne un premio per la
migliore sceneggiatura, ma la verve del regista supplisce alle numerose
carenze ed illogicità riscontrabili in fase di scrittura, compresa una
storia parallela che non sembra portare da nessuna parte.
L’idea sarebbe quella di far partire “The Loved Ones” come una
teen-comedy degli anni ’80, di quelle ambientate in una scuola
superiore, e poi ribaltarla completamente, trasformandola in un horror.
In pellicole di questo tipo la scuola è generalmente popolata da una
fauna stereotipata di adolescenti, e anche in questo caso ci ritroviamo
alle prese con degli archetipi: l’introverso e affascinante Brent,
l’affettuosa fidanzata Holly, Jamie, l’amico sfigato che tenta di
rimorchiare, Mia, la Goth della scuola, e la bamboleggiante Lola Stone.
Il problema è che Lola non è abituata a sentirsi dire di no e, al
rifiuto di Brent di accompagnarla alla festa, lo fa rapire dal padre per
portarselo a casa dove, con la complicità dello sciroccato genitore,
inscenerà la sua personalissima “Prom Night”, in cui verrà incoronata
reginetta del ballo. E qui la commedia precipita nell’incubo, sia pure
in un incubo dai caramellosi colori pastello. Lola è infatti una Barbie
psicotica dotata di notevoli quanto letali strumenti di persuasione,
abituata a raccogliere intorno alla sua tavola i fidanzati
recalcitranti.
Sinceramente sfugge dove Byrne voglia andare a parare, dato che non
sembra di cogliere intenti satirici nella rappresentazione delle
distorte dinamiche famigliari dell’allegro terzetto. Le implicazioni
incestuose evidenti nel rapporto tra “Princess” e “Daddy” (come recitano
i titoli di coda) non vanno al di là dell’ironica caricatura, e di
famiglie simili a questa, composta da figlia sociopatica, padre
collaborazionista e madre lobotomizzata, sono pieni i cimiteri
dell’horror fin dai tempi di “Non aprite quella porta”. Pare francamente
difficile riuscire ad aggiungere qualcosa di nuovo sull’argomento, al
massimo si può discutere di quanto funzioni questa inedita versione
della “Misery” kinghiana, che sposta l’accento sulle insicurezze, le
ansie e le ossessioni dell’adolescenza.
La risposta è semplice. “The Loved Ones”, nonostante il regista dichiari
un po’ avventatamente che il suo modello è nientemeno che Paul Thomas
Anderson e che il suo è un film sul dolore e sul modo di affrontarlo,
funziona a corrente alternata, e le ambizioni appaiono sproporzionate
rispetto ai risultati raggiunti. L’esiguità del plot principale non
regge neanche lo scarso minutaggio, costringendo Byrne ad una
digressione superflua, ovvero la storia di Jamie e Mia, la cui unica
ragione di esistere consiste nel permettere una momentanea evasione dal
soffocante teatrino di torture assortite, messo in scena da Lola nella
Piccola Casetta degli Orrori. Un teatrino che non riserva però nessuna
sorpresa e a cui abbiamo già assistito mille volte, a partire
dall’incipit fino alla prevedibile conclusione.
Molto efficaci Robin McLeavy nel ruolo della bambola demente, spesso
accompagnata dalla canzone “Not Pretty Enough”, e Xavier Samuel (Twilight:
Eclipse) nella parte di Brent, considerato che il personaggio è muto per
la gran parte del tempo, grazie alle attenzioni ricevute dalla sua
corteggiatrice indesiderata. Sean Byrne dimostra una buona padronanza
del mezzo cinematografico ma si rivela sceneggiatore inesperto, e si
spera che prima o poi s’imbatta in un professionista di passaggio.
Voto: 5
(Nicola Picchi)