Regia: Rodrigo Cortez
Cast: Ryan Reynolds
Produzione: USA
Anno: 2010
Durata: 96 minuti
Paul si sveglia in una cassa, interrata nel deserto iraqueno. L'ultimo suo ricordo risale a poco tempo prima in cui il suo convoglio era stato assaltato e alcuni suoi compagni avevano trovato la morte. Presto scopre di avere con sé un telefonino e un'accendino e cerca di venire a capo della sua situazione.
Seppellito in una cassa di legno, in terra straniera Paul le prova
davvero tutte per salvarsi. Non si risparmia nulla neanche in tema di
video e autolesionismo, pur di uscire dalla cassa. Ma quello che lo
spettatore sa per certo è che la situazione richiede un qualcosa di più
del solito buonismo americano.
Paul è un autotrasportatore. E' in Iraq solo per fare un po' di soldi.
Della situazione politica gli importa poco. Ancora meno delle decisioni
dei suoi governanti. Lui semplicemente sta lavorando, quando il suo
convoglio viene assaltato e molti suoi amici vengono uccisi. Lui si
risveglia in una cassa e da quel momento è un continuo affidarsi alle
autorità. Dapprima la sua azienda e poi su a scalare fino all'FBI. Paul
semplicemente si rifiuta di credere che al suo paese e alla sua azienda
non importi nulla di lui. In effetti il dubbio gli comincia a venire
quando scopre che esiste addirittura un ramo dell'FBI che si occupa di
trattare per gli ostaggi civili in Iraq. Poi scopre anche che la sua
azienda lo ha licenziato a decorrere da quella mattina, per esser al
riparo dalle spese che la sua morte gli costerebbe in fatto di
assicurazioni. Ma quello che Paul e lo spettatore scopriranno alla fine
è molto più di qualunque cosa si possa immaginare, sia pure in zona di
guerra.
Rodrigo Cortez configura un thriller decisamente a basso costo, col solo
ausilio di uno Zippo, un telefonino e la buona volontà di un attore
disposto a tutto. Il suo film punterebbe a scatenare l'empatia dello
spettatore, usando un civile disarmato come protagonista in una zona di
guerra, dove le autorità hanno dichiarato la fine delle ostilità in
maniera unilaterale da molto tempo. Ma la reale complicità dello
spettatore giunge molto più tardi rispetto al previsto, in realtà
soltanto alla fine, quando Paul mostrerà una blanda umanità, dopo
essersi spogliato della sua facciata di americano disarmato, e aver
finalmente compreso che al suo paese non importa nulla di nessuno.
Nemmeno dei suoi cittadini, mandati a morire in nome di una nazione che
esporta la democrazia uccidendo e imponendo la propria visione del
mondo. Paul chiama la sua mamma che sembra afflitta dalla stessa
patologia dei suoi governanti, un degenerare delle cellule cerebrali che
induce a dimenticare i suoi stessi figli. Paul parla con lei e aspetta
la morte. E a questo punto lo spettatore, in verità poco coinvolto fino
a quel momento, capisce immediatamente che persino Paul, un cittadino
americano che crede sinceramente nelle buone intenzioni del suo paese,
ha realizzato che la guerra è un affare sporco. E che chi semina vento
raccoglie tempesta. I cittadini americani, finora al sicuro nella loro
identità di salvatori dell'Europa, devono fare i conti con la loro nuova
identità di invasori. E se è pur vero che se c'è un terrorizzato ci deve
per forza essere anche un terrorista, in questo caso chi terrorizza è
stato già a sua volta abbondantemente terrorizzato dai suoi aggressori.
Al punto tale da sequestrarne un certo quantitativo sperando di ottenere
un parziale risarcimento per le proprie perdite personali.
Tralasciando per un attimo il pesante sottotesto di condanna politica il
film di Cortez regala, oltre le buone riflessioni sulla situazione
attuale in zone calde, la considerazione del tutto poco americana che
ormai nulla conta più dell'interesse delle multinazionali. L'azienda di
Paul, che lo ha messo in una situazione da cui non intende preoccuparsi
di tirarlo fuori, è solo una metafora di una nazione che dimentica i
suoi stessi figli un minuto dopo averli mandati a morire in suo nome.
Paul, come lo spettatore, sente la coscienza della propria mortalità, e
della sua stessa scarsa significatività, farsi strada ogni minuto che
passa. E a nulla valgono le chiacchiere rassicuranti del capo
dipartimento dell'FBI. L'unica cosa che conta sarà riuscire a dire quel
che c'è da dire, prima della fine e solo a chi importa davvero. E
infatti il finale di un'opera decisamente poco convenzionale sarà
l'unico significante possibile in una situazione attuale assai poco
rassicurante. Sarà l'unica possibile e nello stesso tempo il riscatto di
un'intera sequenza di menzogne. La dura verità è che a nessuno importa
nulla. E le chiacchiere delle autorità farebbero meglio a lasciare il
tempo che trovano. La morte è l'unico solo livellante. E gli americani
non sono in questo diversi da chiunque altro. Muoiono esattamente come
quelli che mandano a morte, solo con qualche telecamera in più puntata
addosso.
Voto: 6
(Anna Maria Pelella)