Regia: Philip Ridley
Cast: Jim Sturgess, Ruth Sheen, Noel Clarke, Clémence Poésy,
Joseph Mawle, Eddie Marsan, Timothy Spall
Produzione: Inghilterra
Anno: 2010
Durata: 114 minuti
Jamie Morgan è un ragazzo nato con una voglia a forma di cuore sul volto, introverso e emarginato dai coetanei. Orfano di padre, lavora con lo zio in uno studio fotografico, senza frequentare nessuno a parte i membri della sua famiglia. Una notte assiste a un duplice omicidio, perpetrato da una gang che terrorizza il quartiere, e si accorge che gli aggressori non sono del tutto umani. Quando la madre è brutalmente assassinata dalla medesima banda, si convince che dietro gli avvenimenti debba esserci una spiegazione sovrannaturale. Deciso a vendicarsi, incontrerà il demoniaco Papa B, che gli proporrà un patto diabolico.
Philip Ridley torna alla regia dopo 15 anni. Lo scrittore inglese,
autore di letteratura per l’infanzia e commediografo, esordì nel 1990
con il bel “Riflessi sulla Pelle”, che raccontava la perdita
dell’innocenza di un adolescente mescolando riferimenti visivi alla
pittura di Edward Hopper e suggestioni alla David Lynch, mentre apparve
meno convincente il melodrammatico “The Passion of Darkly Noon” (1995),
anche a causa di un incongruo Brendan Fraser. Questa volta abbandona le
ambientazioni americane dei film precedenti in favore dell’East End
londinese, tra Bethnal Green e Shoreditch. Il teatro ideale per una
storia di alienazione urbana come quella di “Heartless”, che incomincia
con il minuzioso realismo caratteristico di tanto cinema inglese per
poi, approfittando di uno scenario di fatiscente decadenza, inoltrarsi
nei reami dell’incubo allucinatorio. Immaginiamo il Mike Leigh di “Naked”,
il cui alcolico protagonista profetizzava un’apocalisse imminente,
incrociarsi con uno dei “Libri di Sangue” di Clive Barker, e avremo una
buona approssimazione dell’innesto tentato da Ridley. L’East End
conserva ancora memoria delle gesta di Jack lo Squartatore e il regista
non dimentica di rammentarcelo, omaggiando l’Alan Moore di “From Hell”
nei monologhi di Papa B. Se Jack è stato un “precursore del XX secolo”
con la sua catena di orrori, appare conseguente che Jamie venga
costretto a seguire le sue imprese, soprattutto in una società dipinta
sull’orlo del collasso, con bande di ragazzi drogati di violenza,
voyeurismo e decapitazioni on-line.
Jamie è un ragazzo della “working class” che concentra tutto il suo
disagio esistenziale in un elemento esterno, la grossa voglia che gli
deturpa il viso e il corpo, impedendogli di instaurare rapporti con gli
amici o di avere una relazione con una ragazza. Alla morte della madre,
arsa viva da una Molotov, perde ogni punto di riferimento e l’unica
barriera protettiva contro il caos del mondo esterno. La realtà è troppo
complessa e contraddittoria per lasciarsi decifrare facilmente, e Jamie
inizia a vedere demoni, a cui attribuisce la responsabilità del male che
lo circonda, che seminano panico e morte nel suo quartiere. L’incontro
con il satanico Papa B, che teorizza la necessità della violenza in
quanto necessaria alla creazione e all’evoluzione, lo conferma nelle sue
convinzioni. Papa B gli propone un patto faustiano: Jamie dovrà
agevolare la propagazione del caos realizzando graffiti blasfemi sui
muri, e in cambio lui farà sparire quell’opprimente voglia a forma di
cuore. Il ragazzo accetta ma, pur rendendosi conto che Papa B ha
ottemperato alla sua parte del patto, si accorgerà che quelli che l’uomo
pretende da Jamie non sono esattamente dei “graffiti”. Ma i demoni
esistono realmente o sono un prodotto della sua mente? Papa B possiede
davvero poteri sovrannaturali? E chi è Belle, la misteriosa bambina
indiana che lo segue e lo consiglia, come un angelo custode votato al
male? Questo lo scopriremo solo alla conclusione del film e, in fondo,
riveste un’importanza relativa. Quello che importa è che Ridley mantiene
tutto sul filo dell’ambiguità, specchio di quella interiore del
protagonista, componendo un horror originale, meno barocco delle sue
opere precedenti. Letterario nei dialoghi e dalle pretese metafisiche,
“Heartless” richiama le atmosfere malsane del cinema di Clive Barker,
espressamente citato nella scena in cui Jamie si spoglia della sua
vecchia pelle per rinascere a nuova vita, e almeno uno dei personaggi è
tipicamente barkeriano: il brillante Weapons Man, il cui compito è
trovare, servendosi di una bacchetta da rabdomante, l’arma appropriata
per commettere un delitto degno di questo nome. Non mancano i tocchi di
humour nero classicamente anglosassoni, come nel personaggio della
marchetta affetta da narcisismo patologico, e neanche tratti ruvidamente
gore, pur negli evidenti limiti del budget a disposizione.
Molto bravo Jim Sturgess (Across the Universe), il quale canta anche le
canzoni della colonna sonora, con testi dello stesso Ridley. La sua
interpretazione nel ruolo di Jamie risulta credibile anche nei momenti a
rischio di sentimentalismo, come quelli della relazione con Tia. Nota di
merito per Eddie Marsan, che interpreta il Weapons Man, e breve
apparizione di Ruth Sheen, la madre di Jamie, che ritroveremo nel nuovo
film di Mike Leigh, “Another Year”, presentato di recente a Cannes.
Philip Ridley ha dichiarato che l’idea del film gli è venuta lavorando
con ragazzi affetti da disturbi bipolari, cosa che sembra gli abbia
portato fortuna dato che il film si è aggiudicato i premi come Miglior
Film, Miglior Regia e Miglior Attore Protagonista al Fantasporto di
quest’anno.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)