Regia: Vincenzo Natali
Cast: Adrien Brody, Sarah Polley, Abigail Chu, Delphine Chanéac, Simona
Maicanescu, David Howlett, Brandon McGibbon
Produzione: Canada, Francia
Anno: 2010
Durata: 104 minuti
Clive ed Elsa sono due autorità nel campo dell’ingegneria genetica, talmente noti da finire sulla copertina di “Wired”. Nel loro ultimo esperimento creano due ibridi ribattezzati Fred e Ginger, ottenuti ricombinando il DNA di diverse specie animali. Visto il successo ottenuto, vorrebbero spingersi oltre utilizzando anche DNA umano, ma l’azienda farmaceutica per cui lavorano lo proibisce. Decidono allora di continuare in segreto le loro ricerche, dando vita a una nuova, chimerica creatura: Dren.
“Splice” avrebbe dovuto essere realizzato subito dopo il fortunato
esordio di Vincenzo Natali, il vertiginoso ”Cube” (1997), ma il progetto
venne abbandonato, sia per problemi di budget che per le limitazioni
della tecnologia nel campo degli effetti speciali, allora non
all’altezza. Il regista canadese, di origini italiane, ha sempre
dimostrato una vocazione autoriale, imprimendo una forte impronta
personale a tutte le suo opere, dal suo film d’esordio “Cypher”,
esercizio di stile nel campo della fantascienza paranoide alla Philip K.
Dick, fino alla surreale commedia “Nothing”.
I risultati sono discontinui ma sempre intelligenti, di estrema
originalità e altrettanta ambizione, caratteristiche che ritroviamo
anche in questo suo ultimo lavoro. Prodotto da un altro tessitore di
favole nere, Guillermo Del Toro, “Splice” mette le carte in tavola fin
dall’incipit: la soggettiva di una creatura che sta per nascere, un
essere “mostruoso” ma bellissimo agli occhi di chi lo ha creato.
La scena ha il duplice compito di metterci in empatia con il mostro e di
definire l’esatto ruolo di Clive ed Elsa, quello genitoriale, che tanta
importanza avrà nello sviluppo della storia. Natali intende il termine
nell’accezione classica di “monstrum”, creatura che desta meraviglia, ed
è proprio su questo slittamento di senso che costruisce il suo film.
La teratologia come una delle Belle Arti: Dren, palindromo di Nerd, la
compagnia per cui lavorano Clive ed Elsa, è un essere polimorfo di
conturbante bellezza, che farà deflagrare il precario ménage della
coppia innescando dinamiche familiari perverse. La sceneggiatura, di
Natali, Doug Taylor e Antoinette Terry Bryant, costruisce personaggi
insolitamente credibili e articolati. Elsa ha sofferto un rapporto
problematico con una madre violenta. Non vuole avere figli, eppure ha
usato il suo DNA nella creazione di Dren. E’ naturale che ceda alla
tentazione di umanizzarla e che sviluppi nei suoi confronti un
attaccamento ambivalente, ritrovandosi suo malgrado a replicare i
comportamenti della madre nei suoi confronti. Clive, genitore
riluttante, è combattuto tra attrazione e repulsione, le quali a volte
si trovano a coincidere. Dren, a cui non è estranea la seduzione, è
capace di apprendimento ma selvaggiamente istintiva, priva di freni
inibitori. I tre costituiscono i vertici di un eccentrico triangolo
“amoroso” che è il cuore pulsante di “Splice” o comunque la sua parte
meno convenzionale. La volontà è quella di evadere dalla gabbia del film
di genere e per la maggior parte del tempo Natali riesce nel suo
intento, anche se occasionalmente ricorre a qualche clichè, come nelle
inevitabili considerazioni sui pericoli dell’ingegneria genetica o sull’hybris
dello scienziato-demiurgo, che risalgono ai tempi del “Frankenstein”
cinematografico, omaggiato nei nomi dei protagonisti (vedi Colin Clive e
Elsa Lanchester).
Giocata su due set contrapposti cromaticamente, il laboratorio,
fotografato con predominanza di toni freddi da Tetsuo Nagata, e il
fienile-casa, la rappresentazione del drammatico percorso evolutivo di
Dren, con tanto di duplice trionfo dell’Edipo, ha qualche assonanza con
il Cronenberg prima maniera ma una maggiore leggerezza (o
superficialità) di tocco. Il problema si presenta nell’epilogo, quando,
cacciato dalla porta, il B-movie rientra dalla finestra. Viste le
premesse e la sottigliezza dimostrata, mai conclusione fu più inadeguata
e svogliatamente sbrigativa, con il rischio di vanificare gran parte del
lavoro svolto.
Ottime le prove di Adrien Brody e di Sarah Polley, già attrice di Atom
Egoyan (Il dolce domani, Exotica), e anche quella della loro
figlia-amante. Nicotero&Berger insieme a Robert Munroe costruiscono una
sensuale chimera, inerme e disturbante allo stesso tempo, utilizzando
protesi ed effetti digitali, con l’indispensabile collaborazione delle
attrici Abigail Chu (Dren bambina) e Delphine Chanéac (Dren adulta).
Natali affronta il film con taglio naturalistico, il più idoneo a
filmare l’impossibile, e realizza uno dei migliori horror di quest’anno,
scivolone conclusivo a parte.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)