Regia: Tsukamoto
Shinya
Cast: Tadanobu Asano, Nami Tsukamoto, Kiki, Kazuyoshi Kushida,
Lily, Hana Kino, Go Riju, Jun Kunimura, Ittoku Kishibe
Nazionalità: Giappone
Durata: 86 minuti
Hiroshi sopravvive ad uno spaventoso incidente d’auto nel quale perde la fidanzata. Lentamente riemerge dal coma, ma ha perso la memoria. Ritornato agli studi di medicina, di cui comincia a recuperare il ricordo, gli sembra di riconoscere il volto della donna il cui cadavere viene incaricato di sezionare. Forse è la sua fidanzata, e forse suo padre, medico nell’ospedale nel quale lui fa pratica, non è del tutto estraneo alla faccenda.
Fino a che punto un'amnesia ci può proteggere da ricordi dolorosi? E'
lecito da parte di un medico tentare di indurre il recupero del passato
per avviare una guarigione, anche se tutto questo non è stato mai
richiesto dal paziente? I ricordi possono tenere in vita una persona
morta?
Questi sono soltanto alcuni degli interrogativi posti durante tutta la
prima parte di quello che finisce per essere un'immensa riflessione
circa il potere della mente e il desiderio dell'uomo di trascenderlo.
E nella rappresentazione di tali interrogativi Tsukamoto è un genio,
diciamolo senza mezzi termini. Chi altrimenti potrebbe sezionare l’animo
umano con una tale chirurgica precisione senza scivolare nel morboso o,
peggio nel melodramma?
La riflessione si svolge lenta e intimamente connessa ai probabili tempi
di guarigione di un cuore afflitto e di una mente in fuga da quell'afflizione.
Hiroshi vive il dramma della perdita della memoria a partire da una
forzata dimenticanza, mentre la sua fidanzata acquista una consistenza
che le era estranea in vita, una vitalità che neanche un personaggio di
Poe, di quelli che tornano dall'Oltre potrebbe avere.
Lo spazio recuperato a partire dapprima dalla negazione del ricordo e
poi dal recupero della proiezione dell’immagine dell'amata è un posto
archetipico, un luogo del sogno.
Non a caso situato ai margini del grande mare dell’inconscio.
Hiroshi vive ogni giorno il ritrovamento dell’amata ed il suo abbandono,
lei per contro non sembra consapevole della sua morte ma,
paradossalmente, soltanto del fatto che è lui a tenere viva la sua
esistenza attraverso il ricordo. E il contrasto tra l'aspetto diurno del
dramma, che si svolge tutto nell'ospedale freddo e asettico, con quello
onirico sulle spiagge di un mare che in realtà tutto avvolge e contiene,
dal momento che si tratta dell'inconscio stesso, è tale da imporre una
scelta, sia al protagonista che allo spettatore.
E trattandosi del lavoro di uno dei più geniali cineasti della sua
generazione, sarà facile e oltretutto naturale prendere la strada che ci
porterà più lontano dal quotidiano rassicurante di cui spesso ammantiamo
le nostre angosce.
Dopo l’esplorazione voyeristica di "A snake of June" Tsukamoto decide di
regalarci il superamento del tabù ultimo, la violazione del corpo dopo
la morte. Una violazione che curiosamente non solo non è scempio, ma
bensì diviene omaggio al ricordo del corpo e dell’idea dell'amata.
Pratica questa che è la celebrazione finale del rispetto per chi non è
più, in una rappresentazione poetica e intensa come solo un giapponese
potrebbe concepire.
Il rituale di accompagnamento dei corpi sezionati alla loro dimora
ultima è poesia pura, impensabile in una società diversa da quella. Un
rituale che rappresenta l’idea stessa di superamento del concetto di
sepolcro in senso foscoliano.
Ed è con la cremazione di un corpo che in realtà era divenuto più vivo
dopo la morte stessa, che Hiroshi opera il seppellimento definitivo di
un aspetto della sua vita: quello del sogno di un amore che trascende le
barriere del tempo e si situa all'interno di un universo immutabile e
come tale mai raggiungibile, se non attraverso la morte stessa.
In questo caso la morte assume le coordinate possibiliste che
solitamente si attribuiscono ai sogni, con la differenza che nei sogni
spesso si è consapevoli di sognare, mentre nel caso della morte è
esclusa ogni possibilità di consapevolezza, dal momento che l'Io non è
più. Hiroshi rappresenta tutta la resistenza di fronte all'ineluttabile
che, solitamente emerge di fronte all'impotenza, di cui spesso facciamo
esperienza. E le preferenze di Tsukamoto sono chiare in tal senso:
meglio un sogno luminoso e senza tempo piuttosto che lo scandire di quel
che ci rimane da vivere, subito dopo aver rinunciato ad esso.
Gli attori sono assolutamente strepitosi nella loro totale accettazione
della convivenza col dramma della caducità. Tadanobu Asano, mai più così
bello, è la sintesi dello smarrimento e dell’impotenza di fronte al
dolore. La regia è pulita, a tratti luminosa ma assolutamente non
invasiva del dramma stesso, le parti oniriche hanno una vitalità che
manca alla realtà, quasi a sottolineare ancora una volta, caso mai ce ne
fosse bisogno, le preferenze del regista in fatto di situazioni
esistenziali. Tsukamoto stesso si ritaglia una parte marginale ma
importantissima: quella di custode dei corpi e psicopompo che accompagna
lo sperduto Hiroshi dall’amnesia dell’infanzia al dramma della perdita
dell'età adulta.
Voto: 8,5
(Anna Maria Pelella)