Titolo originale:
Fri os fra det onde
Regia: Ole Bornedal
Cast: Lasse Rimmer, Lene Nystrøm, Fanny Bornedal, Jacob Ottensten,
Mogens Pedersen, Lone Lindorf, Jens Andersen, Pernille Vallentin, Bojan
Navojec, Kim Kold, Alexandre Willaume-Jantzen, Anders Budde Christensen,
Daniel Engstrup
Anno: 2009
Nazione: Danimarca
Durata: 100 minuti
Johannes e sua moglie Pernille lasciano la città per traslocare con i loro due bambini nel villaggio natale di lui. Lars, fratello di Johannes, investe col suo camion Anna, una donna piuttosto in vista nel paese e, per sfuggire alle conseguenze della sua azione coinvolge un immigrato bosniaco, amico di suo fratello. Le cose precipiteranno immediatamente dopo il ritrovamento del corpo. E Johannes si troverà in una situazione disperata.
Immaginate di camminare sul ghiaccio. A un primo passo sembrerà di
essere su un suolo normale. Ma avanzando ci si potrebbe accorgere del
fatto che il terreno non è poi così compatto. Che sotto di esso nuotano
cose, e che queste potrebbero addirittura ingoiarci nel malaugurato caso
di una rottura della superficie. Esattamente la stessa sensazione che si
prova a guardare questo film. Ole Bornedal, famoso per la trasposizione
americana del suo lavoro Nightwatch (Nattevagten 1994) ci porta faccia a
faccia con l'ipocrisia di cui pare siano avvolti in realtà molti dei
sentimenti ostentati dai più.
Johannes e Pernille sono una coppia normalissima che sceglie di tornare
in provincia. I rapporti di lui col fratello Lars, uno squinternato che
guida un tir, sono superficiali e poco amichevoli. Johannes ha un amico,
Alain, un immigrato bosniaco che ha perso la famiglia in Serbia e cerca
solo un po' di pace. Ma a quanto pare ha scelto il luogo sbagliato. La
superficialità, l'ignoranza e la cattiveria, che nuotano silenziose
sotto la patina neanche tanto lucente di educazione e cameratismo che
pare la norma in situazioni sociali di disagio, verranno immediatamente
alla ribalta alla morte di Anna, una donna molto amata dalla comunità.
Lars, che è stato la causa di tutto, non troverà niente di meglio da
fare che coinvolgere Alain nella sua rete, e appioppargli il crimine. Ma
questo sarà solo l'inizio. La banda degli amici di Lars, capeggiata dal
vedovo inconsolabile e pure un pochino criminale, assedierà la casa di
Johannes per pareggiare i conti alla vecchia maniera.
Difficile davvero non riconoscere il debito nei confronti di "Cane di
paglia" che a suo tempo fece inarcare più di un sopracciglio col suo
sottotesto politico e con la sua impietosa occhiata nel cuore umano. Ma
Bornedal non si ferma qui. Inzuppa letteralmente la scena di razzismo e
di stupidità, accentuando un tratto già presente nel celebre lavoro di
Pekinpah del 1971, e confeziona un thriller disturbante e senza speranza
da cui si esce con l'acquisita conferma del fatto che, in certe
situazioni, di strada da fare ce n'è ancora parecchia prima di definirsi
umani.
Johannes paga caro il suo anticonformismo, come a suo tempo lo
sfortunato David di Pekinpah, e si trova di fronte al dilemma se
diventare anche lui un animale o continuare a combattere contro il
parere di sua moglie e del poliziotto che tenta di soccorrerlo. In
realtà la scelta è obbligata, dal momento che non sempre si riesce a
diventare delle bestie, pure volendo e anche sotto l'effetto dell'alcol.
La regia limpida e accurata è totalmente complice del regista, nella
misura in cui non solo non nasconde nulla, ma induce in alcuni
agghiaccianti momenti, la sensazione di non poter comunque girare lo
sguardo di fronte al degenerare cui si sta assistendo e, cosa assai
peggiore, l'idea che certe derive possano solo portare ad altre più
pericolose cadute. In questo senso l'uso di un narratore rende l'idea di
un racconto morale, ma allo stesso tempo del desiderio di testimoniare
quel che accade, sperando che lo sguardo serva a evitare la rimozione
abituale di fronte al male e all'ingiustizia. La fotografia tetra e
evocativa insieme con la buona prova dell'intero cast, creano uno spazio
all'interno del quale sbirciare con colpevole complicità la rassegnata
buona educazione diviene di colpo calma e gelida efficienza. Johannes
compie azioni, in risposta alla violenza, in cui lo spettatore non può
che cogliere l'atavica spinta alla sopravvivenza di fronte alle belve
feroci.
Bornedal approfitta di ogni sequenza per inorridire lo spettatore,
presentandogli senza pietà il conto effettivo dell'ipocrisia di fronte
al diverso. I terroristi sono un nemico recente, ma "l'altro" in
contrapposizione al "noi" ha sempre fatto le spese della nostra paura
della diversità. In questo senso l'intero film urla le intenzioni del
regista di non nascondersi di fronte alla realtà e di raccontare senza
mezzi termini cosa coltiviamo dietro l'apparenza di normalità di cui
spesso ci vestiamo.
Bornedal, come Pekinpah e molti altri prima di lui, induce lo spettatore
a fare direttamente i conti con le illusioni che animano i più idealisti
e col brusco risveglio dato dal semplice confronto tra le dichiarazioni
e le azioni di chi non ha contatto con la sua vera natura. Il razzismo,
l'ignoranza e la cattiveria nuotano silenziose sotto tutti i prati ben
rasati che ci piace ostentare. E niente di quello che nascondiamo potrà
realmente restare nascosto a lungo.
Voto: 6,5
(Anna Maria Pelella)