Regia: Mark Neveldine, Brian Taylor
Cast: Gerard Butler, Michael C.Hall, Amber Valletta, Logan Lerman,
Alison Lohman, John Leguizamo, Zoe Bell
Produzione: USA
Anno: 2009
Durata: 95 minuti
Nel 2034 la società si dividerà tra giocatori ed avatar. Gli avatar non saranno copie perfette dei giocatori (come nel recente “Il mondo dei replicanti”) né simulacri virtuali, ma individui con delle nanocellule impiantate nel cervello, che si assoggetteranno consapevolmente alla volontà di chi li comanda. Se “Society” è un Social Simulation Game a sfondo prevalentemente sessuale, in “Slayers” un manipolo di condannati a morte si affronta in uno scontro all’ultimo sangue in quartieri della città appositamente designati. L’obiettivo è quello della liberazione, qualora i “concorrenti” dovessero raggiungere incolumi il trentesimo round. Nessuno è riuscito a sopravvivere a lungo fino all’arrivo di Kable, il quale ben presto diventa un eroe per le masse assetate di massacri pay-per-view. Demiurgo dell’operazione il multimiliardario Ken Castle, che brama il controllo delle coscienze e il potere assoluto.
L’ineffabile accoppiata Neveldine/Taylor, già artefici del piacevole
“Crank” e del meno riuscito “Crank: high voltage” (nonché sceneggiatori
del dignitoso horror ospedaliero “Pathology”) ci riprovano con “Gamer”,
superflua quanto inconsistente incursione nella fantascienza. I due
perdono per strada l’humour, anche becero e corrivo, che caratterizzava
le pirotecniche disavventure di Jason Statham, e accantonano qualsiasi
intento satirico in favore di una vacua grevità steroidea: headshots
multipli e sanguinolento massacro da FPS da un lato, una versione
iperrealista di “Second Life” per sudaticci erotomani dall’altro. Sia
“Society” che “Slayers” soddisfano la naturale propensione umana per
sesso e violenza, utilizzando il soddisfacimento delle rispettive
pulsioni come strumento di controllo. Il rapporto tra chi gioca e chi “è
giocato” provoca alienazione nei controllori e spossessamento e perdita
di individualità negli avatar, ridotti in “Society” a marionette delle
fantasie altrui. In “Slayers” il giocatore che, attraverso la sua
prontezza di riflessi, ha potere di vita o di morte sulle sue
consapevoli pedine, soddisfa invece un’adolescenziale volontà di
potenza. L’idea di una società infantilizzata e l’estremizzazione delle
attuali derive della “società dello spettacolo” erano temi anche
interessanti, che avrebbero meritato una trattazione meno risaputa. Il
multimiliardario Ken Castle realizza in pieno le profezie di Debord, che
peraltro si sono già ampiamente realizzate: i rapporti sociali (o
piuttosto la loro parodia) tra individui sono mediati unicamente dalle
immagini, il cui consumo coatto genera alienazione e assoggettamento
totale. Sventuratamente Neveldine e Taylor, che provengono dalla
pubblicità, si deliziano unicamente della loro anacronistica estetica da
videoclip anni ’90, tanto da sembrare nipotini riottosi di Tony Scott, e
aggiungono al cocktail un pizzico di pretenziosità mal riposta.
Esemplare in tal senso la scena, riuscita ma completamente fuori
contesto, in cui Michael “Dexter” C. Hall, attorniato dai suoi
tirapiedi, improvvisa un numero da musical intonando “I’ve got you under
my skin”. Il presunto cinema “next-gen” si rivela clamorosamente di
retroguardia, e la coppia si attiene ad un rigoroso riciclaggio (da
“L’uomo in fuga” a “Il gladiatore” a “Blade runner”) di caratteri e
situazioni, tanto che non manca nemmeno la consueta cellula di
resistenza umana (“Humanz”) che si oppone al delirio di onnipotenza del
malvagio di turno. Unica nota non indegna la fotografia di Ekkehart
Pollack, che predilige fangose tonalità monocromatiche per “Slayers” e
si trastulla con una tavolozza pop e ipersatura in “Society”. A Michael
C. Hall viene voglia di suggerire un ritorno alla serie di appartenenza,
mentre al marmoreo Gerard Butler, privo del carisma del Russell Crowe
che s’ingegna d’imitare, si consiglia un salutare ritorno alle
Termopili. E se proprio dobbiamo parlare di arene gladiatorie worldwide,
meglio il britannico “The tournament” di Scott Mann, dignitoso b-movie
in cui dei killer professionisti si affrontano in diretta televisiva.
Voto: 5
(Nicola Picchi)