Regia: Martin
Scorsese
Cast: Leonardo Di Caprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle
Williams, Emily Mortimer, Max von Sydow, Jackie Earle Haley, Patricia
Clarkson, Elias Koteas, Ted Levine, John Carroll Lynch
Anno: 2010
Nazione: Usa
Durata: 148 minuti
Nel 1954 gli agenti federali Teddy Daniels e Chuck Aule vengono inviati su Shutter Island alla ricerca di una paziente, Rachel Solano, fuggita inspiegabilmente dal manicomio criminale di Ashecliffe che sorge sulla remota isola al largo di Boston. Durante il loro soggiorno una tempesta interromperà i collegamenti con la terraferma e Teddy dovrà combattere i propri demoni e la mancata elaborazione della perdita di sua moglie.
Solitamente si fa risalire l'inizio dell'applicazione sperimentale della
terapia di gruppo ai primi del novecento, pratica inizialmente in uso al
Massachussets Hospital di Boston e, successivamente con l'applicazione
dello Psicodramma all'abreazione dei traumi da guerra si raggiunsero
risultati inaspettati nella cura delle psicosi. Lehane imbastisce
un'elaborata costruzione di traumi pregressi e successive elaborazioni e
Scorsese usa la sua ormai nota abilità nel costruire le atmosfere per
rendere al meglio le ossessioni dei suoi protagonisti.
Prima ancora di essere un luogo, "Shutter Island" è uno spazio
all'interno della mente di chi si trova invischiato nella ragnatela
tessuta dalle angosce della guerra fredda, che per anni hanno avvelenato
il cuore e il cervello di molti americani. Il terrore rosso diviene qui
in primo luogo un terrore nero. L'anima nera dell'Europa nazista ha
scavato un solco profondissimo nel cuore di chi si è trovato ad aprire
il vaso di Pandora dei campi di concentramento. E a partire da questo
che il protagonista, un intenso Leonardo Di Caprio, si trova a fare i
conti con la follia. Il luogo di scontro è apparentemente
un'isola/manicomio/carcere federale da cui fuggire è impossibile. Ma il
vero territorio di combattimento è nella mente. La posta in palio è la
sanità mentale di chi ne ha viste davvero troppe.
L'unico sentimento possibile è la diffidenza, che presto degenera in
vera e propria paranoia. E trovandoci all'interno di un manicomio
criminale ci sarà di certo un ottimo motivo per coltivarne quanto basta
a rendere vischiosa la percezione e melmoso il lavoro che si è chiamati
a compiere.
La melma avvolge il pensiero e le azioni si fanno confuse. E quando lo
spettatore avrà la sensazione di aver capito, probabilmente subirà un
leggero disorientamento. Nulla al confronto con quello che Teddy
scoprirà sull'isola. Nulla davvero se confrontato con quello che alla
fine il tutto nasconde.
Scorsese compie un'operazione di accurata chirurgia e rende come in uno
psicodramma la rappresentazione della follia che permea le pagine del
riuscito romanzo di Dennis Lehane.
Essa prima ancora di abitare a "Shutter Island" si è senz'altro
trasferita là dalla vita vera, in primo luogo dall'esperienza della
guerra e la sola vista dei campi di concentramento basta a suggerire il
sospetto che solo il ritorno alla follia possa guarire un animo malato.
L'atmosfera è sicuramente il punto di forza di quello che finisce per
essere l'ennesimo lavoro ben fatto dell'ultimo periodo di Scorsese. Un
periodo che regala allo spettatore dei bei film certo, ma è da tempo che
non produce ormai nessun capolavoro. Di Caprio ce la mette davvero
tutta, e i risultati non sono certo disprezzabili. Del resto Scorsese ha
alle spalle un'enorme esperienza nel lavoro con gli attori, ma non
sempre l'alchimia che ha creato intense collaborazioni in passato si può
riprodurre.
Tutti comprimari offrono con naturalezza una recitazione composta e
convincente, con una menzione speciale per l'ambiguo Ben Kingsley, che
coniuga con maestria la rigidità data dal ruolo con l'umanissima pena
per i mali dell'anima.
La regia perfetta induce angoscia nello spettatore alla sola vista del
faro, mentre i flasback leggermente didascalici sfilacciano a mano a
mano la percezione del reale da parte di Teddy, che inconsapevolmente
scivola sempre di più all'interno del delirio operato da una mente in
fuga dal proprio passato.
E se "perfetto" è l'aggettivo che a più riprese viene in mente a
proposito di questo ultimo lavoro del maestro, è pur vero che spesso
esso è sinonimo di freddezza. Come a dire che Scorsese rimane un grande
regista, ma che col tempo quello che ha guadagnato in perfezione ha
purtroppo speso in calore. Ma forse quel che affermiamo potrebbe esser
frutto di un momentaneo eccesso di follia. E sarebbe perdonabile
comunque, se ad indurlo fosse stata la malsana atmosfera di "Shutter
Island".
Voto: 7
(Anna Maria Pelella)