Regia: Chris Nahon
Cast: Jeon Ji-hyun, Allison Miller, Liam Cunningham, Koyuki, Yasuaki
Kurata, Larry Lamb
Produzione: Francia, Hong Kong
Anno: 2009
Durata: 89 minuti
1970: Base Militare di Yokota, in Giappone. Saya, apparentemente una scolaretta sedicenne, è una creatura di 400 anni, metà umana e metà vampira, che uccide i vampiri per conto di unorganizzazione chiamata The Council. Il suo scopo è uccidere Onigen, lantichissima vampira che ha dato vita alla stirpe, vendicando lassassinio del suo maestro. La Base è infestata di vampiri, e Saya diventa amica di Alice, figlia del generale McKee, salvandola da unaggressione ai suoi danni.
In principio fu lanime Blood: the last vampire di Hiroyuki Kitakubo, cui
fece seguito un manga ideato da Mamoru Oshii e scritto da Benkyo Tamaoki (Blood: the last
vampire 2000), che sviluppava la storia accennata nel lungometraggio. Linvasione
proseguì con una trilogia di romanzi, un videogioco per Playstation e una serie animata
per la tv (Blood +).
Con fisiologico ritardo, arriva sugli schermi il live-action tratto dallanime
originale, che inizialmente doveva essere diretto dal veterano Ronnie Yu. Purtroppo, per
vicissitudini produttive, il film è diventato una coproduzione franco-hongkonghese, Yu è
stato estromesso dal progetto e la regia è stata affidata al francese Chris Nahon (Kiss
of the Dragon).
Come sempre accade quando i francesi si accostano ad un tipo di cinema che evidentemente
comprendono solo in maniera superficiale, il risultato non è allaltezza delle
aspettative. Non basta essere cresciuti a pane e film di Hong Kong, né clonare in maniera
irritante alcune sequenze topiche, per raggiungere la meta. Come già dimostrato dal
Crying freeman di Gans, questa sorta di appropriazione neocolonialista ad uso
e consumo delle platee globalizzate, conduce verso lappiattimento culturale e
lencefalogramma piatto. E Blood: the last vampire è esattamente questo,
un film-fotocopia che dona nuove ed eccitanti sfumature alla parola
inutilità, un pastone insapore che frulla assieme Ching Siu-tong, King Hu e
lultimo Zhang Ymou, assicurandosi con pervicacia di peggiorare i modelli di
riferimento.
I guai cominciano in fase di sceneggiatura, quando Chris Chow decide di affiancare alla
protagonista, Saya, la molesta figura di Alice (una petulante Allison Miller), figlia del
generale McKee, comandante della base militare. Simmagina che la scelta sia stata
fatta per simulare una produzione hollywoodiana e per confortare lo spettatore
occidentale, che, a dire il vero, dovrebbe già essere abbastanza turbato dal vedere
unattrice coreana (la brava Jeon Ji-Hyun) simulare la nazionalità nipponica. Per
giustificare linserimento del personaggio, si procede di banalità in banalità,
inanellando dialoghi che fanno accapponare la pelle, in vista dello scontro tra Saya e
Onigen, con unagnizione finale che laccorto spettatore avrà già presagito.
Ma i guai non sono certo terminati, anzi proseguono in quello che dovrebbe essere il
fulcro del film, ovvero le scene dazione. Nahon si apparecchia due scene
promettenti, almeno sulla carta: il combattimento tra Saya, armata di katana
dordinanza, e una legione di vampiri per i vicoli e i tetti della cittadina, e il
classico scontro nella foresta. Scene macellate (soprattutto la prima)
dallinfausto montaggio di Marco Cave, che ricorre al solito trucchetto del montatore
incompetente: tagli velocissimi ai limiti con lincomprensibilità, che ottengono il
solo risultato di frammentare lazione e di impasticciare il tutto. Linconsulta
decisione deturpa irreparabilmente la fluidità delle coreografie dellottimo Corey
Yuen e, tra un taglio e laltro, sintuiscono anche veri e propri errori, tanto
che il film è stato rimontato per luscita hongkonghese. Con lo scontro nella
foresta, in cui Kato, maestro e mentore di Saya (un convincente Yasuaki Kurata), affronta
un gruppo di ninja non-morti, si seguono pedantemente i canoni del genere. Il risultato è
sopportabile, ma niente che esuli dallo stoltamente riepilogativo.
Le disgrazie di questa specie di Hong Kong for Dummies terminano con gli
effetti CGI curati dalla Menfond Digital, talmente raffazzonati e goffi da sembrare in
stop-motion, e non stiamo parlando di quello di Ray Harryhausen. Il design dei vampiri
(chirotteri, in originale) quando decidono di abbandonare le sembianze umane ricorda,
infinitamente peggiorato, quello della saga di Underworld, film che deve
essere stato di grande ispirazione per Nahon, il quale ha ripreso pari pari unintera
sequenza (lattacco al camion) da Underworld: evolution. Inutili effetti
slow motion post-Matrix e fiotti di sangue digitale sono la ciliegina sulla torta del
dèjà-vu.
Jeon Ji-hyun (My Sassy Girl, Windstruck) in seifuku
(luniforme da scolaretta) farà la gioia dei feticisti di tutto il mondo, senza
contare che lattrice riesce a sopravvivere dignitosamente allidiozia generale,
mentre il David (capo dei Men in black di The council) di Liam Cunningham
sembra la controfigura di Jean Reno. Unoccasione sprecata, e un buon motivo per
rivedersi lanime originale.
Voto: 5
(Nicola Picchi)