Titolo originale: The last
house on the left
Regia: Dennis Iliadis
Cast: Sara Paxton, Monica Potter, Tony Goldwyn, Garret Dillahunt, Spencer
Treat Clark, Riki Lindhome, Martha MacIsaac, Michael Bowen
Produzione: USA
Anno: 2009
Durata: 109 minuti
I Collingwood si recano alla loro casa sul lago per le vacanze. Poco dopo il loro arrivo, la figlia Mari va in città a trovare la sua amica Paige, che lavora come cassiera in un negozio. Qui le due ragazze incontrano Justin, che le invita nella sua camera d'albergo per fumare un po' d'erba. Mentre i tre si stanno rilassando, irrompono nella stanza Krug, padre di Justin, Francis e Sadie. Per Mari e Paige è l'inizio di un incubo, fatto di stupri, umiliazioni e violenze.
Per molti versi, l'originale L'ultima casa a sinistra (1972) si può
considerare un film epocale. Versione in salsa exploitation de La fontana della
vergine di Ingmar Bergman, era un catalizzatore, probabilmente a dispetto delle
intenzioni degli ineffabili Wes Craven & Sean Cunningham, delle angosce di quel
particolare periodo storico. Definitiva pietra tombale sull'utopia del Flower
Power degli anni '60, lascia intravedere in filigrana gli eventi più traumatici di
quegli anni, che sancirono la fine delle illusioni e la rabbia e la violenza che ne
seguirono: Altamont, la Famiglia Manson, la guerra del Vietnam.
Craven rifiutava di schierarsi, mettendo di fronte, l'una immagine speculare dell'altra,
la violenza anarchica e disincantata di Krug e compagnia e quella, ammantata da una
rispettabile patina borghese ma non meno letale, della famiglia americana di stampo
conservatore. Grezzo, sgradevole e di formidabile impatto, il film di Craven, ancora oggi
da non affrontarsi a cuor leggero, diede vita ad una pletora di imitazioni anche in
Italia, tra le quali vanno ricordate L'ultimo treno della notte (1974) di Aldo
Lado e La casa sperduta nel parco (1980) del buon Ruggero Deodato.
Dopo il successo del remake de Le colline hanno gli occhi, diretto dall'ottimo
Alexandre Aja, Craven & Cunningham hanno pensato bene di perseverare e di approntare
una nuova versione del loro esordio (o quasi, considerando il Together con la
compianta Marylin Chambers) ad uso e consumo del pubblico giovane, prodotto dalla neonata
Midnight Pictures. Che cosa è rimasto dell'originale, in questo remake
firmato dal greco Dennis Iliadis? Com'è ovvio, assolutamente nulla. La sceneggiatura di
Adam Alleca e Carl Ellsworth, già autore dei mediocri Disturbia e Red
eye, segue un solo, decisivo imperativo: smussare gli angoli. S'intuisce che la
motivazione risieda nell'esigenza di confezionare un prodotto più fruibile, adatto per le
masse festanti che infestano i multiplex, e che non dia loro troppo da pensare.
I cambiamenti sono pochi ma sostanziali, tutti tesi a normalizzare l'insostenibilità
della pellicola originale. I Collingwood, il padre medico, la mamma insegnante, la figlia
Mari, sono la tipica immagine della famigliola perfetta da spot pubblicitario e, anche se
a un certo momento se la vedranno davvero brutta, alla fine i malvagi verranno giustamente
puniti e la ricomposizione del nucleo familiare avrà la meglio su tutto. Per carità,
niente conflitto generazionale o problematiche di alcun genere. Il personaggio di
Justin/Junior è stato pesantemente modificato e ambiguità e sottotesti scivolano in
secondo piano, quando non sono addirittura assenti: Krug e i suoi amici sono il male, e
pertanto devono essere estirpati senza farsi troppi scrupoli. E allora via a grafiche
martellate nel cranio e a mani maciullate nel tritarifiuti, un po' torture-porn un po'
Looney Tunes, e ad una ridicolissima pena del contrappasso, riservata nel finale al
perfido Krug. Inutile dire che l'evirazione a morsi, praticata da Emma Collingwood ad un
laidissimo Weasel, è stata epurata dal moralismo di ritorno, insieme al senso complessivo
del film. Tra l'altro la truculenta vendetta dei Collingwood, che nell'originale era poco
più di una sanguinolenta appendice, qui occupa una buona metà del minutaggio, mettendo a
dura prova la benevolenza dello spettatore, vista la manifesta incapacità di Iliadis nel
costruire un minimo di tensione.
Anche sul versante attoriale, non è che ci sia da stare allegri: se la Mari di Sara
Paxton è una credibile vergine violata, i genitori Emma (Monica Potter) e John (Tony
Goldwin) sono poco più di funzionali comparse, mentre il sociopatico Krug del muscolare
quanto inebetito Garret Dillahunt non ha un grammo della efferata cattiveria di David
Hess. Unica nota positiva la fotografia di Sharone Meir, non priva di sottigliezze, che
coglie nel segno almeno dal punto di vista paesaggistico, rendendo sopportabile una regia
di routine.
Edulcorato, annacquato e rassicurante come tutti gli horror degli ultimi anni, tranne
quelli francesi (Martyrs docet), L'ultima casa a sinistra non ha
altre ragioni di esistere che non siano quelle commerciali, e dimostra una volta di più
l'impossibilità di riproporre dei classici o presunti tali, che hanno un
significato proprio in ragione del periodo storico in cui sono stati realizzati.
Voto: 5
(Nicola Picchi)