Garuda

Regia: Monthon Arayangkoon
Cast: Dan Fraser, Sara Legge,Chalad Na Songkhla, Phairote Sangwaribut, Sornram Theppitak, Yani Tramod
Produzione: Thailandia
Sceneggiatura: Monthon Arayangkoon
Anno: 2004
Durata: 115 minuti

TRAMA

Duranti gli scavi per la creazione di una nuova metropolitana, vengono rinvenute molte ossa risalenti all’era preistorica. Una studiosa franco/thailandese, Leena, vuole organizzare una spedizione per esaminare quei resti, appartenenti a diverse razze di maestosi rettili volatili, ma il governo le nega il permesso.
Pochi giorni dopo, però, viene contattata da un misterioso gruppo di soldati, che la invita, assieme al suo assistente americano Tim, a esplorare la zona. Viene così informata che, oltre alle ossa di dinosauri conosciuti, è stato trovato anche uno strano teschio, che potrebbe confermare un’insolita evoluzione delle specie volatili.
Infatti, lo scavo ha aperto la via alla prigione millenaria di un "Garuda", una possente creatura alata che ora, risvegliatasi, brama il sangue di chi è stato tanto curioso da intrufolarsi lì dentro.

RECENSIONE

A metà strada tra un "Godzilla" con evidenti problemi di budget e un "Aliens" in solitaria, "Garuda" è un interessante ma soporifero prodotto orientale, con vagonate di frecce nel suo arco che, però, sembrano essere tirate da un arciere orbo e senza dita.
La trama sa offrire spunti curiosi che, qua e là, risvegliano il desiderio orrorifico appisolato, e si applaude piacevolmente a faccende come il graduale crescendo d’horror che esplode nella conclusione vagamente king-konghiana, l’innesto di una componente magico-stregonesca insolita in un action-horror dall’elevato grado di tamarraggine come questo, e certe digressioni socioculturali che vorrebbero mostrare al mondo intero l’esistenza della lifeform thailandese.
Si tratta di stimoli coinvolgenti e inconsueti, e se anche sembrano essere trattati come un muratore sbadato tratterebbe un prezioso bicchiere di cristallo, piace il coraggio e la scelta di andare oltre i soliti cliché cari a questo preciso genere cinematografico.
D’altro canto, per tutte le due ore scarse della pellicola dobbiamo fare i conti con una lentezza esasperante, aggravata da montaggio ignobilmente tedioso, che rovina ogni buona mossa. Non c’è ritmo, in "Garuda", né il giusto pathos o i necessari contraltari di estrema rapidità. Ogni scena è trattata alla stessa, indecorosa maniera, distruggendo atmosfera e immedesimazione senza possibilità di riparare al tremendo errore.
Sequenze che dovrebbero durare al massimo una manciata di secondi (penso al duello mostro-soldato cazzuto in un cunicolo del sotterraneo, o anche all’arrampicata finale della creatura), giocando su riprese veloci e ad effetto, vengono annacquate da continui primi piani di occhi malvagi, muscoli tesi, fucili mitragliatori, coltelli che Rambo si sogna, passi furtivi, e ancora occhi, smorfie, mani e quant’altro serva a far infuriare lo spettatore di fronte a un qualcosa che, di fatto, continua a essere rimandato senza motivo.
Non che, in fondo, i 120 minuti del film siano troppi o Arayangkoon non abbia niente da raccontare, ma è la gestione del taglia & cuci a essere totalmente disastrosa, creando un pastone spesso frustrante e indigeribile.
Cosa peraltro ancora più danneggiata da una serie di dialoghi sterotipati e, in certe occasioni, inqualificabili. Vedere come i protagonisti, in una situazione tanto drammatica, facciano battutine sceme da commedia facile e spensierata senza che venga loro dipinto attorno il giusto contesto per permettersi un simile umorismo, fa scuotere la testa a più non posso.
Ad aggravare il tutto ci pensa un cast svogliato e al limite del ridicolo (le finte espressioni di sorpresa di Dan Fraser sono risibili in più di un’occasione), privo di adeguate risorse fisiche ed espressive per mostrare i giusti stati d’animo e risultare credibile.
A chiudere, una citazione per la colonna sonora technometal inascoltabile e per gli effetti speciali che, tolta la buona CG della creatura, spaziano inspiegabilmente tra un decente manierismo e una misera disperazione (l’esplosione finale, visti i tremendi risultati, poteva essere evitata e lasciata soltanto intendere attraverso un fuoricampo, per esempio).
Dispiace però che simili, disastrosi difetti affossino una pellicola curiosa, diretta sì con freddezza televisiva e scritta in maniera superficiale e poco credibile, ma che nel complesso arriva anche a piacere per l’innegabile fascino del "Garuda", per la battaglia scatenata contro i soldati cacciatori di dèi, per il lungo finale costruito con intelligenza e, in generale, per le molte potenzialità inespresse. Si respira voglia di fare e, non chiedetemi come sia possibile, entusiasmo, e una visione, magari non attenta e troppo accorta, e possibilmente in lingua originale (quale strazio, il doppiaggio italiano) può anche meritarsela.
Voto: 5
(Simone Corà)