Titolo originale: Outlander
Regia: Howard McCain
Cast: Jim Caviezel, John Hurt, Jack Huston, Sophia Myles, Cliff Sanders,
Ron Perlman, Patrick Stevenson
Produzione: USA, Germania
Anno: 2008
Durata: 115 minuti
Nellanno 709, lastronave di Kainan precipita in un lago norvegese. Resosi conto di essere lunico sopravvissuto, luomo viene ben presto fatto prigioniero dai Vichinghi di Re Rothgar, che lo conducono ad Herot per interrogarlo, sospettandolo di aver preso parte alla distruzione di un vicino villaggio. Sullastronave era infatti presente anche un Moorwen, una creatura proveniente da un altro pianeta, che, libera sulla terra, inizia a mietere morte e distruzione. Vinta liniziale diffidenza reciproca, Kainan si unirà ai Vichinghi per sconfiggere il mostro.
Lidea di un virtuale crossover tra Beowulf ed Alien, dove si
mette in scena uno scontro allultimo sangue tra nerboruti vichinghi e alieni dallo
sviluppato istinto predatorio, era suscettibile di risolversi in un sottoprodotto alla Uwe
Boll, destinato ad un rapido oblio. E invece questo Outlander è una spanna
sopra rispetto a consimile immondizia, come il Pathfinder di Marcus Nispel, il
tremendo Wolfhound del russo Nikolai Lebedev, e persino del ridicolissimo
Beowulf di Zemeckis, nefasto trionfo di kitsch digitale. Sembra che
lidea del film sia venuta al regista Howard McCain, autore di un paio di Tv-movie
negli anni 90 e in seguito sceneggiatore del discutibilissimo Underworld: Rise
of the Lycans, proprio dopo la lettura del Beowulf, ma che soltanto dopo
lincontro con lo sceneggiatore Dirk Blackman, che si è premurato di inserire
elementi fantascientifici, lo script abbia assunto una forma definitiva. Una volta
ridimensionate le ambizioni iniziali (locations in Nuova Zelanda, effetti speciali della
Weta Workshop), McCain si è dovuto accontentare del Canada (Halifax e Nuova Scozia) e del
character design di Patrick Tatopolous ("I am legend", "Silent Hill"),
che qui appare meno ispirato del solito. Sul versante strettamente teratologico, infatti,
il Moorwen appare derivativo: una sorta di parente povero delle prodigiose cucciolate
xenomorfe di H.R.Giger. Nonostante questo, la creatura svolge dignitosamente il suo
compito, anche nella sua versione notturna, policroma e luminescente, e dimostra
uninvidiabile competenza quando si tratta di predare esseri umani. Senza contare che
il Moorwen riscuote anche una certa simpatia, essendo lultimo superstite della sua
razza dopo uno sconsiderato genocidio ad opera degli uomini, in cerca dellennesimo
pianeta da colonizzare.
Il cotè fantascientifico, oltre a giustificare la presenza del mostro nella Norvegia
dellVIII secolo e a donare al tutto il giusto grado di eccentricità, offre anche
alcuni vantaggi non disprezzabili: per esempio, complici ordigni cibernetici alla
Matrix, Kainan non deve sopportare lincombenza di apprendere la lingua
norrena in 24 ore, come faceva limprobabile Banderas de Il 13°
Guerriero.
Limpianto della sceneggiatura è di una rassicurante banalità: Kainan è in
competizione con Wulfric, lerede designato di Re Rothgar, non solo perché
questultimo vede nello straniero una minaccia alla sua supremazia di maschio
dominante, ma anche per lamore di Freya, unica figlia del Re. Non è certo
limprevedibilità il pregio di Outlander, ma è proprio il volgere i
luoghi comuni a proprio vantaggio e ladagiarsi con una certa grazia su una struttura
consolidata, senza annoiare o provocare ripulsa. Lo spettatore accorto potrà infatti
indovinare tutte le svolte di sceneggiatura, finale compreso, senza timore di essere
smentito. Linaspettato triangolo pseudo-fantasy sarà vivacizzato da gustose sfide
(la corsa sugli scudi), intermezzi romantici, lacrimosi flashback, acerrimi scontri tra
tribù nemiche, una buona dose di amicizia virile e eroici sacrifici con la benedizione di
Odino, il tutto inseguendo un respiro epico che non viene mai raggiunto, se non a buon
mercato.
McCain, considerati gli evidenti limiti di budget, fa miracoli senza mai cadere nella
cialtroneria, anche grazie alle convincenti scenografie di David Hackl, povere senza
essere raffazzonate, e ai credibilissimi costumi di Debra Hanson (Beowulf & Grendel).
Certo, la regia inanella una serie di citazioni con fervore enciclopedico, da
Alien a Predator passando per The Descent e per il
Rogue di Greg McLean, ma le scene di azione risultano tutto sommato
convincenti e McCain riesce a mantenere un minimo di tensione, anche nellovvietà
generale.
Jim Caviezel (il famigerato Cristo di Mel Gibson) è un Kainan eccessivamente granitico e
sofferente, mentre più persuasivi sono Jack Huston (Wulfric) e Sophia Myles (Freya). Ron
Perlman appare sprecato nel breve ruolo di Gunnar, nemico giurato di Rothgar, ma
naturalmente è proprio John Hurt, nei panni del re, a mangiarsi tutti a colazione.
Considerato il livello non eccelso dei dialoghi, Hurt riesce nellarduo compito di
vivacizzarli, dando mostra di classe sopraffina.
Se Outlander, con il suo gusto per libridazione dei generi, fosse stato
diretto da un regista più talentuoso, avremmo avuto un risultato simile al
Doomsday di Neil Marshall. Invece ci si trova in presenza di un decoroso
B-Movie, ideale per una serata estiva.
Voto: 5,5
(Nicola Picchi)