Regia: Sam Raimi
Cast: Alison Lohman, Justin Long, Lorna Raver, Dileep Rao, David Paymer,
Adriana Barraza, Reggie Lee
Produzione: USA
Anno: 2009
Durata: 99
In quel di Los Angeles, Christine Brown spera di ottenere una promozione presso la banca in cui lavora. Il suo capo sembra però preferirle Stu, un collega meno talentuoso ma più inflessibile con i clienti, i quali si presentano a richiedere prestiti o a negoziare mutui. La donna, determinata a mostrarsi allaltezza, rifiuta una dilazione del mutuo allanziana signora Ganush, nonostante questultima la supplichi in ginocchio di non farle perdere la casa. Al suo rifiuto, la vecchia le indirizza una potente maledizione, e Christine avrà solo tre giorni di tempo per sottrarsi alla Lamia, un demone che la perseguiterà senza posa per sprofondarla nelle fiamme dellinferno.
Prodotto dalla Ghost House, che in questi anni ha sfornato opere ben poco memorabili
tranne, forse, 30 giorni di buio, e diretto dallo stesso Sam Raimi, Drag
me to hell è un divertito ritorno alle origini nonché una corroborante vacanza
dalle produzioni a grosso budget alla Spiderman. Dalla trilogia di The evil
dead, Raimi mutua il medesimo, irresistibile mix di horror e commedia slapstick,
mentre la logica è quella dei fumetti della EC Comics e di testate come Tales from
the Crypt o Vault of Horror, contro cui si accanivano i censori
americani negli anni 50. Come prevedibile, non mancano omaggi e citazioni per
insaporire il sulfureo calderone: Raimi tira in ballo nientemeno che Jacques Torneur e il
suo classico La Notte del Demonio (tratto da M.R.James), mentre il fratello
Ivan, autore della sceneggiatura, innerva la trama di suggestioni kinghiane (Locchio
del Male), anche se lilare cavalcata in odore di autocompiacimento nasconde un
apologo sullavidità che ha il sapore acre di alcuni nerissimi racconti del
cinico Ambrose Bierce.
Lintelaiatura dellhorror tradizionale e meno deviante, come si sa, è
assimilabile a quella di un morality play di stampo medievale, in cui, alla
fine, tutte le trasgressioni vengono punite e lordine ripristinato, senza
tralasciare un qualche tipo di ammonimento di ordine morale. In tempi di recessione
globale e crisi dei mutui, la protagonista Christine Brown rinuncia ai propri principi,
vende lanima al diavolo per migliorare il proprio status lavorativo e per acquisire
una posizione sociale che la metta alla pari con quella del vacuo fidanzato Clay, senza
arretrare davanti a nulla pur di liberarsi dellimportuna maledizione. E per questo
deve essere punita, attraversando una vera e propria Via Crucis per raggiungere la
salvezza, senza contare che i risultati di tanta abnegazione resteranno incerti fino
allultimissimo fotogramma, come nella migliore tradizione del genere.
Il tono è quello baracconesco, da Circo Barnum dellOltretomba, a cui Raimi ci ha
abituato, tra geyser di fluidi necrotici di varia provenienza, dentiere volanti, posseduti
che fluttuano a mezzaria eruttando sangue, tombe scoperchiate in cimiteri alla Ed
Wood e improbabili esorcismi. Drag me to hell si trastulla con letizia e
sfacciataggine con arcinoti stereotipi, necessari ingranaggi senza i quali la storia non
potrebbe funzionare. Così la signora Ganush è una decrepita megera che proviene
dallEuropa dellEst (come negli horror targati Universal degli anni 30),
lesperto di esoterismo è un cartomante indiano, le malevole apparizioni sono
inevitabilmente accompagnate da un tonitruante commento musicale, e via discorrendo. Come
sempre accade nel cinema americano, non mancano grossolane imprecisioni e cialtronaggini,
visto che la Lamia, anche senza scomodare John Keats, non è un demone cornuto bensì,
secondo la mitologia classica, una creatura femminile dal corpo di serpente che seduce gli
uomini per poi berne il sangue.
Alison Lohman, nonostante la prima scelta di Raimi fosse Ellen Page, se la cava
egregiamente nei panni dellantipaticissima eroina, ma la vera star del film è Lorna
Raver che, nelle vesti della signora Ganush, dona nuove e inaspettate sfumature
allaggettivo repellente. Il film farà senzaltro felici i
nostalgici del vecchio Raimi, che sfodera con ludica verve ed energia tutti i trucchi del
suo collaudato campionario da prestigiatore, ma susciterà un sostanziale senso di
déjà-vu in tutti gli altri, che magari si aspetterebbero qualcosa di differente dal
compiaciuto attardarsi in territori già abbondantemente esplorati.
Voto: 6
(Nicola Picchi)