Regia: Jennifer Lynch
Cast: Bill Pullman, Julia Ormond, Michael Ironside, Pell James, Kent
Harper, Ryan Simpkins, French Stewart
Produzione: Usa, Germania, Canada
Anno: 2008
Durata: 97 minuti
Due agenti dellFBI arrivano in una piccola cittadina di provincia per indagare su una serie di efferati omicidi, e si trovano ad interrogare i testimoni sopravvissuti allultimo fatto di sangue. Ognuno ha una diversa versione della storia da raccontare.
15 anni dopo il ridicolo Boxing Helena, Jennifer Lynch torna alla regia con
Surveillance, thriller deviante che, dopo esser passato inosservato a Cannes,
si è aggiudicato il premio come miglior film al 41° Festival di Sitges. Superfluo notare
come la regista si muova sulle tracce dellillustre genitore (qui produttore
esecutivo), ma ci metta anche del suo mostrando unindubbia padronanza del mezzo
cinematografico e una sensibilità non comune. Se il brutale omicidio iniziale, intuito
alla tremolante luce delle torce elettriche, e il successivo arrivo dei due agenti
dellFBI in unanonima cittadina sembrano omaggiare Twin Peaks, in
seguito il film adotta una struttura alla Rashomon, e scusate se è poco. La
giovane Bobbi, la bambina Stephanie e il poliziotto Jack Bennett, sopravvissuti ad un
evento che verrà gradualmente ricostruito attraverso le loro testimonianze, vengono
interrogati separatamente alla stazione di polizia, sotto locchio vigile delle
telecamere installate dagli agenti Sam Hallaway e Elizabeth Anderson. Le testimonianze non
collimano: ognuno di loro, tranne la bambina, omette dei particolari o mente scientemente.
Lunità di luogo è squarciata da flashbacks ipersaturi, a cui viene delegato il
compito di colmare lo scarto tra la narrazione dei testimoni (parziale e soggettiva) e
quanto è effettivamente accaduto (effettiva verità dellimmagine). Questa
dissonante partitura a tre si svilupperà in un movimento finale davvero disturbante,
iperbolico ma efficace, anche se, come annota Variety, più che di un twist si potrebbe
parlare di un testacoda fuori controllo.
Trattandosi dellennesimo Grand Tour nellIncubo Americano, sesso e violenza
sono strettamente intrecciati: la violenza, seguendo linsegnamento paterno, è
centellinata con parsimonia ma, quando arriva, inaspettata e straniante, mentre la
sessualità è predatoria, malata e lievemente necrofila. La vera sgradevolezza è però
lambita di striscio.
La definizione dei personaggi si adegua allandazzo generale e alla
weirdness di famiglia; dai poliziotti di pattuglia che, allo scopo di
inscenare personalissimi psicodrammi, sparano alle gomme degli automobilisti di passaggio,
fino ai due junkies strafatti, leccentricità regna sovrana e i dialoghi grondano
humour nerissimo. Il taglio iperrealista e studiatissimo delle inquadrature e il certosino
lavoro di montaggio testimoniano della maturazione artistica di Jennifer Lynch, autrice
anche della sceneggiatura assieme a Kent Harper (lagente Bennett), ma
Surveillance, pur estremamente interessante, non riesce ad affrancarsi
completamente dal modello paterno, a cui attinge per tipologia dei personaggi e atmosfere.
Più che di volontaria emulazione si può parlare di intima consonanza, ma
limprinting familiare impedisce alla Lynch di sviluppare uno stile autonomo.
Oltre che sui preziosismi di regia e di montaggio e sullottima fotografia di Peter
Wunstorf, Surveillance basa la sua riuscita su un gruppetto di attori
affiatati: Bill Pullman, già protagonista del capolavoro Strade perdute,
offre una prova di trattenuta gigioneria, che esplode nel finale in un omaggio allo
schizzatissimo Dennis Hopper di Velluto blu, Julia Ormond gli tiene testa
adeguatamente ed altrettanto gli altri comprimari, mentre Michael Ironside, fortunatamente
confinato in un ruolo marginale, tende a strafare come dabitudine.
Complessivamente un buon risultato, senzaltro preferibile a molti obbrobri che
affollano le nostre sale, anche se la vittoria a Sitges desta più di una perplessità,
considerato che era in concorso anche un film enormemente più riuscito come
Lasciami entrare di Tomas Alfredson.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)