Titolo originale: Bo chi
tung wah
Regia: Benny Chan Muk-Sing
Cast: Louis Koo Tin-Lok, Barbie Hsu, Liu Ye, Nick Cheung Ka-Fai, Louis
Fan Siu-Wong, Wong Cho-Lam, Flora Chan Wai-Shan, Gong Beibi, Raymond Wong Ho-Yin, Eddie
Cheung Siu-Fai, Presley Tam, Vincent Kok Tak-Chiu, Ankie Beilke, Ken Hung Cheuk-Lap
Anno: 2008
Nazione: Hong Kong
Durata: 110 minuti
Grace Wong viene rapita e rinchiusa in un casolare abbandonato. Là riesce miracolosamente a mettere insieme i pezzi di un telefono rotto e si mette in contatto con uno sconosciuto di nome Bob, il quale si trova a dover inseguire i rapitori per salvare Grace e sua figlia. Intanto la polizia si mette sulle tracce di Bob che, per seguire i rapitori, infrange più volte la legge.
Remake di "Cellular", film del 2004 con Kim Basinger e Chris Evans, quest'ultimo
lavoro di Benny Chan è un raro caso in cui il rifacimento dona spessore ad un'opera di
per sè non eccezionale.
Grace viene rapita da un gruppo di uomini pericolosi e violenti che fanno irruzione in
casa sua e le ammazzano la cameriera. Lei non ha la minima idea del motivo per cui viene
tenuta rinchiusa, finchè uno dei rapitori non le chiede di contattare suo fratello. Ma
anche in questo caso il motivo di tanta irruenza rimane del tutto oscuro alla donna, la
quale intanto mette insieme i pezzi di un telefono e contatta un numero a caso. Le
risponde Bob, un uomo assai indaffarato, nel bel mezzo di una crisi familiare. L'uomo
sulle prime pensa ad uno scherzo, ma quando ascolta al telefono la voce dei sequestratori
che minacciano Grace di rapire anche sua figlia, si convince e cerca di rintracciarli.
Ovviamente le cose non saranno semplici, se da una parte la polizia comincia a notare
qualcosa di strano nei comportamenti di Bob, dall'altra scopriremo qualcosa di più sulle
motivazioni dei rapitori.
Fin qui il film originale coincide con il remake, ma da un certo momento in poi la trama
acquisisce un livello ulteriore e il finale dell'originale sarà solo il primo dei due
che, con un colpo di scena in perfetto stile Hong Kong, complicheranno di colpo una trama
semplice e del tutto lineare.
Il doppio finale, come anche l'implicita affermazione che in realtà non ci si può fidare
di nessuno che esso porta con sè, danno alla storia quel tocco di paranoia e di tensione
ulteriore, che finisce per rendere avvincente anche i fotogrammi finali, dove solitamente
il calo di tensione rende ridondanti tutte le spiegazioni del caso.
Inoltre Benny Chan, gran coreografo e autore di piccoli gioielli come l'insuperato
"Invisible target", crea una tensione tale nelle scene d'azione da meritare alla
pellicola il premio per la miglior coreografia d'azione e il montaggio ai recenti Golden
Horse Awards.
E se nell'originale avevamo un monolitico Jason Statham nella parte dello psicopatico
rapitore, qua abbiamo il convincentissimo Ye Liu, già visto da noi in "La città
proibita" (Curse of the golden flowers) del maestro Zhang Yimou e in "Blood
brothers" presente a Venezia 64.
In definitiva si tratta di un remake che, almeno in questo caso, non mostra tutta
l'inutilità della pratica ormai divenuta consueta ad Hollywood di replicare fotogramma
per fotogramma dei film fatti da altri. Pratica questa che espone al rischio di esser
sommersi da pellicole inutili e, in alcuni casi inferiori agli originali, dal momento che
per ogni Scorsese che rifà un film di Hong Kong ci sono, purtroppo, almeno dieci David
Moreau o Jim Sonzero che distruggono ogni motivazione a guardare un film asiatico girato
da capo da altri, col fine di stemperarne l'esplicita rappresentazione e appiattendo ogni
riferimento ad altre culture che non siano l'onnipresente cultura americana del fast food.
Voto: 6,5
(Anna Maria Pelella)