Titolo originale: The day
the Earth stood still
Regia: Scott Derrickson
Cast: Keanu Reeves, Jennifer Connelly, Kathy Bates, Jaden Smith
Produzione: Usa
Anno: 2008
Durata: 103 minuti
Klaatu atterra a Central Park per avvertire la razza umana del disastro ecologico che rischia di provocare. Invece di mostrargli gratitudine, o almeno di assegnargli un Nobel come ad Al Gore, gli ottusi terrestri lo accolgono a colpi d’arma da fuoco, portando il flemmatico alieno ad una drastica revisione dei suoi piani iniziali.
Negli ultimi anni parlare di cinema americano, a parte grandi vecchi come Eastwood e una
manciata d’altri, equivale a sparare sulla croce rossa, e “Ultimatum alla terra”
non fa eccezione alla regola. Remake del classico di Robert Wise, il film potrebbe anche
intitolarsi “Re-make/Re-model”, come una vecchia canzone dei Roxy Music: fuori
dagli anni ’50 e dalla Guerra Fredda, le angosce sottese all’originale sono
state aggiornate in chiave ecologista per adeguarle ai tempi. Una mossa quanto meno
paradossale, dato che gli Stati Uniti, e l’amministrazione Bush in particolare, hanno
sempre perseguito una politica dissennata nei confronti dell’ambiente, per tacere
della mancata adesione al protocollo di Kyoto.
Si tratti di coda di paglia o di brivido “liberal”, la svolta decisa dagli
sceneggiatori svolge egregiamente i suoi compiti: il primo è quello di offrire alla
biologa Jennifer Connelly l’opportunità di ripetere un centinaio di volte “Noi
possiamo cambiare!” con espressione via via più afflitta, mentre l’impassibile
Klaatu/Keanu scatena sulla terra una piaga di biblica memoria; il secondo è quello di
infliggere una sonora ramanzina che faccia sentire in colpa lo spettatore per il fatto di
appartenere a una specie violenta, aggressiva, guerrafondaia, irrispettosa dell’ambiente,
sostanzialmente autodistruttiva e irrecuperabile. Una volta annichilito lo spettatore a
sufficienza (con rivelazioni non esattamente illuminanti), gli si offre un contentino:
Klaatu, persuaso dagli occhioni sgranati della Connelly e dal molesto marmocchio Jaden
Smith (si sospetta in profetica consonanza con il recente esito elettorale) decide di
concedere un’altra possibilità al genere umano, dopo quella che si potrebbe definire
una tiratina d’orecchie intergalattica. Il motivo di tale cambiamento d’opinione
rimane alquanto oscuro, considerato che l’alieno era stato accolto sul nostro
ospitale pianeta seguendo la consuetudine degli americani, che prima gli sparano e poi
tentano di curarlo, e che aveva in seguito cercato di esportare l’amore per l’ecologia
come quelli esportano la democrazia. Ma tant’è, il cambio di rotta, oltre a
permettere il lieto fine, lascia a Keanu Reeves la possibilità d’immolarsi per il
bene dell’umanità e di allietarci con l’ennesima parabola
messianico-cristologica, che sembra divenuta obbligatoria per buona parte della
fantascienza recente.
La regia di Scott Derrickson, già autore del bolso “L’esorcismo di Emily Rose”,
è di mestiere ma nulla di più, mentre gli effetti CGI e la fotografia di David
Tattersall si attestano su livelli alquanto mediocri. La Connelly è trascurabile, mentre
l’ineffabile Keanu Reeves è perfetto, come sempre gli capita in ruoli in cui s’incrociano
il mito e la virtualità, tutti quelli, insomma, che comportano un “uscita dal mondo”
e un excursus negli infiniti mondi possibili. In conclusione, un remake non del tutto
indegno, ma che oscilla ostinato tra nobile retorica ed assoluta vacuità espressiva.
Voto: 5
(Nicola Picchi)