Titolo originale: Diary of
the dead
Regia: George A. Romero
Cast: Michelle Morgan, Joshua Close, Shawn Roberts, Amy Ciupak Lalonde,
Joe Dinicol, Scott Wentworth, Philip Riccio, Chris Violette, Tatiana Maslany
Soggetto e sceneggiatura: George A. Romero
Fotografia: Adam Swica
Montaggio: Michael Doherty
Effetti speciali: Mark Ahee, Gregory Nicotero
Musiche: Norman Orenstein
Scenografia: Rupert Lazarus
Costumi: Alex Kavanagh
Trucco: Chris Bridges, Kyle Glencross, Neil Morrill, Andy Schoneberg
Produzione: USA
Anno: 2007
Durata: 95 minuti
I morti si risvegliano improvvisamente, senza un perché. Accade e basta. Jason, studente di cinema, e i suoi amici, cercano di scappare dalla minaccia. Loro unico scopo, oltre alla sopravvivenza, è quello di filmare tutto ciò che vivono, in modo da poter mostrare la verità al mondo intero.
Quasi quarantanni dopo levento che, in un modo o nellaltro, ha cambiato
il modo di fare horror (in ogni sua corrente artistica, dal cinema alla letteratura,
passando per i fumetti e i videogiochi), il papà degli zombi George Romero torna ancora
una volta a parlare dei suoi amati figlioletti putrescenti, avventurandosi per
loccasione in nuovi sottotesti critici e in (relativamente) moderne usanze di
girare.
Tanti anni di esperienza cinematografica e tanti capolavori sui quali è inutile spendere
parole, eppure il maestro, forse vecchio, forse bisognoso di mettersi alla prova sulla
materia che conosce meglio, è per la quinta volta alle prese con i morti viventi.
Cambierà il contesto (campus universitario, giovani bellocci e viziati), cambierà la
struttura (tecnica blairwitchiana del mockumentary), sparirà la vaga linea evolutiva dei
precedenti quattro capitoli, ma ciò che resta è il malessere di Romero, che lo spinge a
spruzzare di vomito e sangue certi risvolti della società.
Servirsi dei morti viventi è sicuramente il modo più semplice con cui lui sa esprimersi,
e, in fondo, la carica deambulante di corpi senza vita crivellati di colpi che sprigionano
le sue pellicole è sempre tale che non si sente la necessità di unurgente dose di
originalità.
Quello che più colpisce è che Romero, snobbando pensione e felici isole remote in cui
sbronzarsi di cocktail tropicali e bikini ricolmi di carne, ha ancora tante, tantissime
cose da dire. E sa dirle. Lattacco sociale stavolta è rivolto ai media bugiardi e a
un certo modo di vedere Internet come strumento manipolatore/ipnotizzante. Critica che di
per sé arriva anche con qualche anno di ritardo, ma che, nel modo in cui prende vita
attraverso dialoghi e comportamenti dei protagonisti, penetra il cervello e si conficca
nella coscienza.
Ricordandosi che si sta parlando di un film horror, bisogna dire che nessuno sa
padroneggiare gli zombi meglio di Romero, inutile negarlo, e infatti "Diary of the
dead" (Le cronache dei morti viventi) abbonda di trovate ingegnose e soluzioni visive
singolari e appaganti, che in mano a qualsiasi altro filmaker si sarebbero smarrite in
buchi scritturali e altri virus dellindustria cinematografica. Un personaggio
geniale come Samuel porta un uragano di freschezza a un genere che dal lontano 79
non ha più niente da dire. Così come le morti e gli strumenti usati per metterle in
pratica: falci, defibrillatori, acidi, archi e frecce, e ancora molte altre intuizioni che
divorano e sputano lintero cinema zombesco degli ultimi anni, in un tripudio di
intestini e cervelli grumosi non esagerato come in passato, ma comunque abbondante e
appetitoso.
Tuttavia, "Diary of the dead" è lungi dallessere un film riuscito. La
stanca forma di mockumentary (nata e morta con "The Blair Witch Project", salvo
qualche piacevole eccezione, come il nostro "Road to L."), tolta la primissima
parte ben costruita, non si dimostra mai la scelta giusta per raccontare quanto succede.
Infatti, non sempre si ha la sensazione che gli stratagemmi scelti in fase di montaggio e
giustificazione siano corretti, consentiti e più che altro probabili (lepilogo su
tutti, ma anche i continui tagli su altri nastri registrati), e ciò comporta un senso di
frustrazione perenne lungo tutto i novanta minuti. Così come arreca un fastidioso mal di
testa il continuo intromettersi del punto di vista della protagonista, che commenta le
fasi salienti del film in una telecronaca spesso retorica e sostanzialmente inutile.
Raccontare la storia senza il bisogno di giustificarla anche dal punto visivo sarebbe
stata la soluzione magari più tradizionale, ma sicuramente migliore, anche in virtù di
un ottimo script, sia a livello di personaggi che di eventi.
Non piacciono nemmeno tante soluzione registiche, che, in un processo involutivo che porta
da soddisfacenti piano sequenza e soggettive a imbarazzanti rallenti, mostrano una
notevole incertezza nel descrivere gli eventi.
Stanchezza, invecchiamento o eccessiva impersonificazione nel progetto (errori, impliciti
o meno, compresi), non ci è dato saperlo. E forse è meglio così.
Resta il fatto che "Diary of the dead" è un pentolone di alti e bassi, e un
compendio fin troppo rigoroso della carriera di un maestro, una carriera fatta ovviamente
di perle e passi falsi, e che di certo non può chiudersi con una pellicola poco più che
sufficiente (anche se sotto certi aspetti è certamente ottima) che non gli rende il
giusto onore.
Voto: 6
(Simone Corà)