Inland empire - L'impero della mente

Regia: David Lynch
Cast: Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Harry Dean Stanton
Soggetto e sceneggiatura: David Lynch
Montaggio: David Lynch
Musiche: David Lynch
Nazione: USA/Polonia/Francia
Anno: 2006
Durata: 172 minuti

TRAMA

Straniante e incomprensibile contrapposizione tra realtà e finzione che segna un passo significativo nella carriera del geniale David Lynch. Il resto della trama lo scoprirete vedendo il “film”.

RECENSIONE

Come tutti i film, o sarebbe meglio dire, le opere di David Lynch, anche (e soprattutto) “Inland empire” è pressoché impossibile da definire.
Una sorta di viaggio metafisico all’interno di una realtà/finzione congelata in un lugubre ed inquietante sogno/incubo ad occhi sbarrati; questa, dal canto mio, potrebbe essere una definizione piuttosto appropriata per descrivere l’opera di Lynch.
Guardando “Inland empire”, ci si può facilmente accorgere, sin dalle prime battute, di trovarsi in un lungo e interminabile labirinto psicologico/emozionale senza uscita, che non lascia alcun spazio per i sentimenti e molto per le allucinazioni visive, rese incredibilmente vivide da una fotografia buia e da colori opachi e sgranati, che fanno da sfondo ad immagini surreali partorite da una fervida immaginazione umana, inquietante ed estrema.
Come ho detto, “Inland empire” non dovrebbe essere definito un “film” in termini di “prodotto cinematografico”, ma piuttosto un “film” fatto solo per noi, o magari, non è neanche un “film”...
Forse è un dipinto, un ritratto, una sagoma, una figura eterna e divina che simboleggia le atrocità della vita di cui fanno parte i protagonisti della storia; ma anche qui, c’è un “tranello”...
“Inland empire” non può neanche essere definito una “storia”, per il semplice motivo che non lo è, o meglio, al suo interno sono racchiuse più storie, e per delinearne un numero preciso diciamo 2: una è “reale” e l’altra è “fittizia”, e, a mio giudizio, sta proprio qui la “difficoltà”, se vogliamo definirla tale, di “comprendere” l’identità di “Inland empire”.
Infatti, la prima storia, vede protagonisti Nikki (Laura Dern), nota attrice cinematografica che viene ingaggiata per interpretare un importante ruolo nel film “Il buio cielo del domani”, e insieme a lei c’è anche Davon (Justin Theroux), il protagonista maschile, che verranno diretti da Kingsley (Jeremy Irons), il regista e dal suo assistente Freddie (Harry Dean Stanton).
Da questo momento, sfido chiunque, durante lo scorrere dei fotogrammi, ad identificare se quello che si sta guardando è realtà o pura finzione, o semplicemente, se il “film” che si sta visionando è quello di David Lynch o quello di Kingsley.
Da qui ci colleghiamo alla seconda storia, che ovviamente è quella “del-film-nel-film”, che ha come interpreti gli stessi protagonisti dell’altra storia, solo con nomi differenti: Nikki è Sue e Davon è Billy.
A sostegno di questa tesi, si aggiungono anche altri elementi molto ricorrenti all’interno della pellicola, come la ragazza in lacrime davanti al televisore che osserva a sua volta un mondo fittizio che è quello della televisione, che rappresenta in sé un’altra “realtà” che è quella della sit-com “Rabbits”, che si congiunge, facendo quasi da “perno”, al mondo dei due protagonisti, facendo da filo conduttore.
La bellezza di “Inland empire” sta appunto nel saper coniugare alla perfezione e senza sbavature e sfumature forzate, il reale e l’immaginario umano, rendendo ogni sguardo, volto, corpo... una vera, autentica e infinita allucinazione, tanto che lo stesso “film” pare chiedersi: “Sono veramente io lo “strano”, o siete “voi” che mi state guardando?”.
Uscendo momentaneamente dal contesto “storia-reale/irreale”, credo che “Inland empire” si possa definire la frontiera completa di David Lynch, che per la prima volta nella sua carriera utilizza il formato digitale, come hanno fatto anche altri importanti cineasti come Spike Lee, Brian De Palma, Gus Van Sant e Lars Von Trier, e che racchiude in sé gli incubi di “Strade perdute” e “Mulholland drive”, che Lynch omaggia con un cammeo sui titoli di coda della co-protagonista Laura Harring, ai veri e propri sogni di tutta la sua carriera e la sua vita.
Lynch ha dedicato tutto se stesso per questa sua opera: dalla regia alla sceneggiatura, al montaggio e alle musiche, che sembrano anche fare a meno del grande Angelo Badalamenti che ha composto molte colonne sonore per la filmografia di David Lynch.
“Inland empire” è un’opera unica, snervante, infinita... che solo un talento fortemente emotivo e incredibilmente sensibile come quello di David Lynch avrebbe potuto realizzare.
Voto: 10
(Francesco Manca)