Titolo originale:
Untraceable
Regia: Gregory Hoblit
Cast: Diane Lane, Colin Hanks, Billy Burke, Joseph Cross, Mary Beth Hurt,
Tim De Zarn, Daniel Liu, Peter Lewis, Jesse Tyler Ferguson, Brynn Baron
Produzione: USA
Anno: 2008
Durata: 100 minuti
Jennifer Marsh, unagente dellFBI di Portland che si occupa di crimini informatici, riceve unallarmata segnalazione che riguarda il sito www.killwithme.com, in cui, in tempo reale, si assiste alla morte di un gattino. Il problema è che, in breve tempo, il killer passerà dai cuccioli alle persone, che verranno torturate e uccise on-line. Per un meccanismo perverso, più visitatori avrà il sito, più la vittima morirà velocemente e, mentre i cadaveri aumentano assieme al counter che registra le connessioni, Jennifer, con laiuto del collega Griffin Dowd, cercherà di scoprire dove si nasconde il colpevole.
Di serial-killer con il pallino del moralismo, da Seven in poi, sono piene le
fosse e, evidentemente, anche i magazzini dei distributori italiani. Dopo Jigsaw e
linterminabile saga di Saw, lultimo arrivato tra i verbosi
fustigatori è lOwen Riley di Nella rete del serial killer, che ci
ammannisce le sue reprimende in malafede sulluso sconsiderato del Web, che sollecita
gli istinti più bassi ed il voyeurismo selvaggio; il prolisso sociopatico sembra infatti
invocare una legislazione più restrittiva ed un maggior controllo dei contenuti e, per
raggiungere il suo scopo, non esita a torturare e a uccidere on-line. Facile constatare
come il suo punto di vista coincida con quello degli autori della sceneggiatura, Robert
Fyvolent, Mark Brinker e Allison Burnett: il demonio si annida in Internet e nelle nuove
tecnologie, e il terzetto lo ribadisce con la stessa convinzione con cui anziani studiosi,
al limite tra larteriosclerosi e lAlzhaimer, si ostinano ad ascoltare al
contrario dischi dei Beatles. Purtroppo linerte Gregory Hoblit (già colpevole del
micidiale Il caso Thomas Crown) non è certo Haneke, e questo film non è
Funny games. Il sermone sulla violenza nei mass media è strumentale e ha la
coda di paglia, dato che le scene di tortura, anche se inferiori a un Hostel qualsiasi per
imperizia del regista, fanno leva proprio su quel voyeurismo che si vuole condannare.
Nella loro irritante foga predicatoria, gli sceneggiatori del film non mancano di
rammentarci che scaricare musica da Internet è un reato, e che duplicare DVD, sia pure
porno-gay con baffuti omaccioni borchiati, come capita a uno dei sospetti, è
unattività illegale, come da logo dellFBI apposto ad eterno memento ad ogni
inizio di registrazione. Uninfrazione da cui Nella rete del serial
killer si mette astutamente al riparo, dato che nessun individuo sano di mente
avvertirà la necessità di conservarne una copia, pirata o meno che sia.
La mediocre regia di routine, ai livelli di CSI, annaspa in debito di fiato, riciclando
trucchetti già vecchi ai tempi del Silenzio degli innocenti, come
labusato montaggio alternato dellirruzione della polizia e della vittima di
turno, che alla fine ci farà scoprire (sorpresa, sorpresa...) che si tratta di due luoghi
diversi. In questo pasticcio ipocrita dal sapore reazionario, si salva solo la sempre
efficace Diane Lane, dimessa e con occhiaie perenni, mentre i cultori del pettegolezzo
saranno appagati dal sapere che il personaggio di Griffin Dowd è interpretato dal figlio
di Tom Hanks.
Ma la ciliegina sulla torta laggiunge il funzionario dellFBI che, in
conferenza stampa, dichiara: La vittima è un buon americano. Uno di noi.,
frase rivelatoria dallo sconfortante sottotesto. Insomma, se non avete una green
card, tenetevi pronti per uneventuale extraordinary rendition:
potrete essere torturati con tutti gli agi e nella massima libertà, anche perché, non
essendo buoni americani, di voi non fregherà nulla a nessuno.
Voto: 4,5
(Nicola Picchi)