Regia: Gus Van Sant
Cast: Michael Pitt, Lukas Hass, Asia Argento, Scott Green, Nicole Vicius,
Ricky Jay, Ryan Orion
Soggetto e sceneggiatura: Gus Van Sant
Montaggio: Gus Van Sant
Nazione: USA
Anno: 2005
Durata: 85 minuti
Il film di Van Sant, capitolo conclusivo della sua trilogia della morte, preceduto da Gerry(2002) ed Elephant(2003), racconta gli ultimi giorni di vita di Blake, un giovane ragazzo dai capelli biondi e lunghi, che si rifà esplicitamente in tutto e per tutto al celebre cantante e chitarrista della grunge band Nirvana Kurt Cobain (1967-1994).
Van Sant adora il silenzio, e ce lo ha fatto capire nella sua così chiamata
"trilogia della morte e del silenzio", di cui "Last days" ne è la
conclusione, precedute dal mistico "Gerry" e dal tragico "Elephant".
Di queste tre pellicole, specialmente in "Last days", il silenzio è l'elemento
predominante e inevitabile, è l'elemento sacro, intoccabile e inappagabile che fa da
sfondo e nello stesso tempo da protagonista a tutta la storia. Il cardine della vicenda
degli "Ultimi giorni" del regista Van Sant, è il personaggio dall'anima impura
e tormentata che porta il nome di Blake, o se vogliamo chiamarlo a modo nostro, Kurt
Cobain, perchè è di lui che ci parla la camera di Van Sant, della vita di una persona
sola e straziata dalle delusione e dalle allucinanti e fastidiose assurdità della vita,
che agli sensibili e opachi occhi di Blake/Kurt, appaiono insopportabili e dannate. Detto
questo, non posso negare che da "Last days", e ovviamente da un regista culto
come Gus Van Sant, mi sarei aspettato ben altro, ma non so neanch'io cosa esattamente...
Guardando questo film, si viene affollati da mille, infinite, svariate, confuse
sensazioni, che soprattutto all'inizio, quindi nelle lunghe e interminabili sequenze che
vedono Blake viaggiare senza meta nella fitta e verde boscaglia sussurrando a se stesso
parole e frase senza alcun senso, lamenti e versi che fanno sì che la tensione sia
palpabile. A mio giudizio, Van Sant ha creato questa sua ennesima opera con precisione e
cura quasi maniacale, lasciando da parte i virtuosismi alla "Belli e dannati",
adottando uno stile pacato ma allo stesso tempo nervoso, alternando sprazzi visionari e
irresistibili a parti stralunate e inconcludenti, ma tengo a sottolineare che ciò che ho
appena detto, non deve essere considerata necessariamente una critica negativa nei
confronti del lavoro di Van Sant, ma è piuttosto una nota necessaria che tiene a
sottolineare quella crisi profonda e interiore che tutti noi, e in particolar modo Blake,
sentiamo nei momenti tristi, vuoti, solitari e fragili della nostra esistenza. Il regista
ha, secondo me, impiegato tutto il suo sforzo e il suo impegno nel cimentarsi anch'esso
nei panni del personaggio di Blake, che, come già detto, rappresenta in modo incredibile
l'anima di quello che negli anni '80 e '90 fu una delle più grandi rock star del tempo,
appunto Kurt Cobain, suicidatosi nel 1994 con un colpo di fucile alla giovane età di 27
anni. In un certo senso, sicuramente non fisico o ideologico, Vant Sant e Cobain si
somigliano parecchio, perchè, come detto dallo stesso regista, entrambi cercano
quell'impossibile, quel qualcosa nel nulla, nello immenso spazio in cui viviamo, vagando
senza pensiero col vano tentativo di cercare un significato alla propria vita... Ambedue
sono dei trasformisti, dei "pagliacci", dei giocatori dominati
dall'irrefrenabile bisogno di giocare col destino, stringendolo fra le braccia,
dimenticandosi di tutto ciò che li circonda, tutto e niente, fino alla fine...
Concludendo, posso dire che "Last days" mi ha senza alcun dubbio mostrato tutto
ciò che non mi aspettavo di vedere, e conseguentemente, non mi ha detto niente di ciò
che, forse inconsciamente, volevo sentirmi dire, ma va bene così... Sicuramente non lo
considero un capolavoro, ma non posso certamente negare di averlo apprezzato in tutti i
suoi controsensi e le sue contraddizioni, soprattutto per quel tanto, indecifrabile,
incomprensibile senso di vuoto che mi ha trasmesso.
Voto: 6
(Francesco Manca)