Titolo originale: Slipstream
Regia: Anthony Hopkins
Cast: Anthony Hopkins, Stella Arroyave, Christian Slater, John Turturro,
Michael Clarke Duncan, Kevin McCarthy, Aaron Tucker, Lisa Pepper, Christopher Lawford
Nazione: Usa
Anno: 2007
Durata: 96 minuti
Viaggio nella mente e negli script di Felix Bonhoeffer, sceneggiatore al lavoro con problemi a distinguere la realtà dalle sue creazioni. Facciamo così la conoscenza di Bette Lusting, vecchia signora che apre e chiude il film con la stessa frase, di cui capiremo il senso solo alla fine. Nel mentre incontreremo Ray, uno psicopatico, ma forse anche un attore, o magari un poliziotto e anche il più travolgente dei produttori: uno sfavillante John Turturro. Poi ancora la tenera Gina, la dolce Shelly, e persino uninvestigatore che abita il computer dello sceneggiatore, il quale nel frattempo si addormenta.
Il cinema autoreferenziale non è mai passato di moda, rifugio di geni incompresi e di
millantatori professionisti, ha sempre offerto la possibilità di raccontare anche senza
un copione, e magari senza neanche unidea. Le immagini fotografate con cura e il
montaggio frenetico e a tratti confuso sono spesso indice di una certa volontà di
saturare gli occhi prima ancora che il cervello dello spettatore, sperando che questi,
abbagliato dalle luci, non si chieda dove lo si sta portando. Se poi si aggiungono un paio
di citazioni dai classici, e qualche riferimento colto il gioco è fatto. Peccato che non
basti la buona volontà e qualche trucchetto per creare dal nulla un Lynch. Qua siamo
piuttosto dalle parti di un Tony Scott assai pretenzioso.
Purtroppo a mano a mano che i grandi artisti invecchiano sentono sempre il desiderio di
lasciare un segno, e Anthony Hopkins non fa eccezione.
La buona volontà è evidente, come anche la cura che cè dietro ogni frammento del
film, quello che però finisce per soffocare il tutto è un certo controllo ossessivo
delle inquadrature, e un uso smodato di meccanismi da videoclip.
Il plot un pò confuso non è il peccato mortale di questo lavoro, che per la verità
risulta gradevole e assai curato, dal momento che non è sempre necessario capire tutto e
dallinizio, per definire riuscita unopera. Ma semmai la rappresentazione
fredda e volutamente complicata, che da subito urla tutti i limiti di chi non ha
lestro e lesperienza di un Lynch e che, invece di intrigare lo spettatore ne
provoca qualche sbadiglio. Al di là della tenerezza che può suscitare lespressione
dellormai invecchiato dottor Lecter, che però rimane la stessa per tutta la durata
del film, non si trovano motivi per lasciarsi andare alla rappresentazione che, complice
un gioco di montaggio e labuso del riavvolgimento di pellicola, annoia o irrita più
che incuriosire lo spettatore.
Peccato davvero perchè sparsi tra le piege della sceneggiatura ci sono frammenti molto
ben riusciti, alcuni addirittura geniali, e curiosamente sempre quando Hopkins non è in
scena. Il produttore interpretato da Turturro, ad esempio è il momento più divertente
dellintero film, solo esagerando le espressioni e semplicemente urlando ogni parola,
Turturro rende vivo il suo personaggio assai più di tutti i comprimari che vediamo
impegnati a recitare più parti senza diventare mai davvero nessuno dei personaggi. Le
scene corali degli esterni nel deserto sono avvincenti e il regista, così come gli
attori, hanno il fascino del caos che deve regnare spesso su un set cinematografico reale.
Christian Slater è un convincente psicopatico, mentre le donne sono tutte più o meno
mamme preoccupate del tenero svagato sceneggiatore, che invece attraversa lintero
film a bocca aperta e con lespressione sognante di chi ha preso qualcosa di chimico.
Le scene ripetute, sovrapposte e capovolte danno lidea di un abuso della tecnica a
totale discapito dellemozione che dovrebbe guidarla. E il tutto seppur messo insieme
con amore, non riesce a convincere fino in fondo lo spettatore il quale non può fare a
meno di chiedersi per tutto il tempo come sarebbe stato questo film, se il regista si
fosse nascosto di meno dietro la tecnica e avesse osato un pò di più.
Voto: 5
(Anna Maria Pelella)