Titolo originale: Deo ge-im
Titolo internazionale: The Devil's game
Regia: Yoon In-ho
Cast: Sin Ha-gyoon, Byeon Hee-bong, Lee Hye-yeong, Son Hyeon-joo,
Eun-seong, Jang Hang-seon
Nazione: Corea del Sud
Anno: 2008
Durata: 116 minuti
Min, uno squattrinato ritrattista viene contattato casualmente per telefono da un ricco finanziere che gli propone di fare un gioco. La posta sarà da un lato un elevato quantitativo di soldi, e la giovinezza di Min dall'altro. Spinto dalla necessità economica il giovane accetta di giocare. E quando perderà la prima mano si accorgerà di aver perso in realtà molto più di quello che credeva di aver messo in gioco.
Min sta per scoprire che i soldi possono qualsiasi cosa. Kang Nosik invece lo sa già ed
è per questo che propone un gioco. Due persone con un cellulare compongono una sequenza
casuale di numeri e scommettono sul sesso di chi risponderà. Semplice e rapido. Min ha
bisogno di soldi per salvare dai creditori la sua fidanzata, il cui padre aveva contratto
un debito che adesso lei e sua madre dovranno estinguere. Kang è ricco, vecchio, stanco e
malato, e usa i soldi come esca per giocarsi limmortalità.
Parte così questa ennesima riflessione sul potere e sulla capacità infinita di
corruzione che esso porta con sè.
Min, un bravissimo Sin Ha-gyoon, presente in molte pellicole di Park Chan-wook, è
dapprima un ingenuo squattrinato, ma poi diviene altro, un altro talmente alieno che
nessuno potrà più riconoscerlo, neanche la sua fidanzata. Mentre lo scaltro Kang, un
commovente Byeon Hee-bong, che pare giocare davvero e divertirsi a farlo, usa la sola cosa
che ha: i soldi per comprare quello che la vita gli ha portato via, mentre appunto era
impegnato ad arricchirsi.
Insieme ci regalano la versione aggiornata e cinica del motivo alla base di molte opere
sullo scambio e sui vantaggi che questo porta a chi decide di azzardare. Entrambi i
personaggi in apparenza hanno poco da perdere, Min è povero e pensa che mettere in gioco
il suo corpo sia come offrirsi in schiavitù, mentre Kang è malato terminale e sa bene
che non è quella la sua mira più profonda. Ma i soldi alla fine generano avidità e
quello che nessuno dei due può immaginare sarà che non cè limite alla corruzione
morale innescata da un gioco senza scrupoli.
Sfruttando ed ampliando lidea alla base di Face off questo The
game imbroglia da subito le carte, mescolando sotto il naso dello stranito
spettatore il dramma con il melò ed infine con un risvolto horror che più cinico non si
può.
Tutte le scelte allinterno della poco agile situazione dei personaggi risultano
condurre inevitabilmente questi ultimi alla rovina, anche quando pare che invece se ne
allontanino. Il gioco è in sè semplice, ma la posta in gioco è davvero alta, e non
tutti possono pagare il prezzo fino in fondo.
Laccento è messo più sulla perdita che sui vantaggi, a chiarire bene che non
sempre chi pensa di non avere nulla da perdere è nel giusto. Spesso le persone
sottovalutano quello che hanno nel vano tentativo di inseguire quello che desiderano, e
questo a volte le mette di fronte a scelte che finiscono inevitabilmente per distruggere
quello che non sapevano neanche di avere.
La sceneggiatura è costruita secondo un ottica solo apparentemente lineare, mentre le
stratificazioni successive della trama, aggiungendo lentamente dei tasselli alla
comprensione dello spettatore, tessono silenziose le trame di quella che si rivelerà la
rovina che infine aspetta tutti gli attori del dramma, nessuno escluso.
I personaggi risultano convincenti per mezzo di una caratterizzazione accurata, e la
recitazione li rende vivi e vicini a noi molto più di quello che ci piacerebbe pensare.
Mentre una regia didascalica sottolinea con pochi accorgimenti i passaggi salienti e le
atmosfere gelide che sole suggeriscono il freddo della corruzione.
La fotografia accurata e freddissima rende al meglio il gelo dellanima che
progressivamente si impossessa di chi si lascia irretire dal sogno di una ritrovata
giovinezza, in aperto contrasto col calore che emana dal dolore di chi lentamente diviene
consapevole del prezzo pagato per inseguire un sogno. Sebbene il ritmo discontinuo non
sempre tiene desta lattenzione dello spettatore sui piccoli particolari che invece
acquisiscono spessore durante il racconto, si tratta comunque di un lavoro ben fatto che
personalmente consiglio agli amanti delle realistiche esplorazioni delle infinite
possibili derive umane.
Voto: 6
(Anna Maria Pelella)