Titolo originale: Noriko no
shokutaku
Regia: Sono Sion
Cast: Kazue Fukiishi, Tsugumi, Ken Mitsuishi, Yuriko Yoshitaka, Shiro
Namiki, Sanae Miyata, Toru Tezuka, Usamaru Furuya, Yoko Mitsuya, Tamae Ando, Naoko
Watanabe
Nazione: Giappone
Anno: 2005
Durata: 159 minuti
Noriko vive a Tokoyama con la sua famiglia, ma il suo sogno è andare a Tokyo. Dopo aver provato a convincere il padre delle sue intenzioni, una sera decide di scappare. A Tokyo si mette in contatto con una ragazza conosciuta in rete, Kumiko, la quale la introduce nel suo ambiente di lavoro. Intanto 54 ragazzi si lanciano sul binario della metropolitana e danno inizio al mito del Suicide circle...
Noriko vive a Tokoyama, città natale del regista, e sogna Tokyo. In rete, mentre alcuni
suoi coetanei si organizzano per incontrarsi sui binari della metropolitana dove poi si
toglieranno la vita, lei conosce Kumiko. La ragazza ha un buffo nickname, Ueno54, che si
scopre essere larmadietto della stazione della metro di Tokyo dove è stata trovata
neonata, appena abbandonata dalla madre.
In quellarmadietto Kumiko tiene tutti i suoi falsi ricordi, e molti oggetti raccolti
per strada su cui ha imbastito la propria storia. Il tema della perdita
dellidentità, ancora più centrale nel successivo Strange circus, qua fa
capolino nella narrazione e dona spessore ai protagonisti di una storia molto particolare.
Anche perchè se è vero che negli armadietti delle stazioni della metro a Tokyo si trova
di tutto, in alcuni casi anche un fantasma, come vuole la leggenda di Shibuya, Noriko ci
trova la sua nuova identità, linizio della sua vita adulta e persino un lavoro.
Mentre Kumiko la porta in visita a parenti che si scopriranno essere clienti della sua
agenzia, Noriko diventa Mitsuko e impara i rudimenti della filosofia che è dietro il
noleggio parentale.
Intanto sua sorella decide di seguire le sue tracce, e a questo punto sua madre si toglie
la vita. Suo padre, non riuscendo più a negare il problema che ha causato il tutto, si
reca a Tokyo e si mette a seguire le tracce del Suicide club, cui pensa sia connessa la
sua sparizione.
Questo è il seguito ideale di Suicide club, e se nel primo film si affrontava la
tematica del suicidio come risposta sociale al problema dellalienazione, qua il
punto di vista è quello del contrasto in seno alla famiglia, da cui a volte si fugge
appunto col suicidio.
Sono Sion ci porta così dietro il Suicide club, cui solo vagamente è in realtà connessa
questa storia, e ci mostra la rappresentazione che sostituisce lemozione, nelle
famiglie alienate del Giappone contemporaneo. Il noleggio parentale, pratica assolutamente
impensabile altrove, costituisce il nutrimento che alcuni disperati comprano laddove
impossibilitati ad una vita cosiddetta normale.
Ma non è neanche questo il punto centrale della narrazione, il vero contenuto del
racconto parla di identità fallaci, e di sentimenti negati. La costruzione
dellidentità è un processo lento e graduale, ma dove non esistono neanche le basi,
se per esempio una persona si percepisce come nata in un armadietto della metropolitana,
allora è praticamente impossibile che possa costruire un io che vada oltre la
rappresentazione di sentimenti ed emozioni. Se poi alcune persone avvertono la mancanza di
comunicazione in seno alla propria famiglia, e la costrizione parentale che le vuole
felici come negli spot pubblicitari, è possibile che accada il peggio. Le cose negate
spesso prendono il sopravvento, proprio perchè continuano la loro esistenza a dispetto
della coscienza che le ha relegate nella negazione dellinconscio. Quindi la
rappresentazione diventa dramma, laddove una figlia che ha abbandonato la sua casa si
trova a recitare la parte di una che a casa ci torna. Oppure se un padre che non ha mai
capito le sue figlie, e le vede ridere fingendo unintimità con un padre che le ha
noleggiate, è possibile che perda anche egli tutti i suoi riferimenti.
Lanello debole della catena, paradossalmente risulterà Yuka, la sorella di Noriko,
che messa di fronte al suo vero padre decide di non avere più un nome, e di cominciare a
vivere nellalba che verrà.
Il tutto si consuma in una recita infinita che non lascia nessuna speranza di uscita, nè
di riscatto da unesistenza televisiva, che pare essere lunica possibile,
almeno al momento nella visione del regista.
Voto: 7
(Anna Maria Pelella)