Regia: Silvana Zancolò
Cast: Zora Kerowa, Giancarlo Previati, Petra Keslerova, Luca Elmi, Peter
Sheperd, Lionello Gennero
Sceneggiatura: Giovanni Eccher
Produzione: Italia
Anno: 2006
Durata: 80 minuti
Andrea Spiegelman, una pittrice affetta da amnesia e rimasta sfigurata in seguito ad un incidente, eredita dallo zio una casa in campagna, dove si reca per prendere possesso delleredità assieme al marito Valerio. Nel giardino antistante labitazione non tarda a scoprire una grande serra, dove crescono le piante più esotiche e rare. Più intuitiva di un cane da tartufo, dopo cinque minuti scova il diario in cui lo zio, che apprendiamo suicida, annotava i propri esperimenti botanici volti a distillare nuove sostanze psicotrope, e ad investigarne le proprietà. Dopo altri cinque minuti disseppellisce da un ammasso di scatoloni un vecchio registratore a bobine, dove lo zio annotava e commentava i risultati ottenuti. Andrea, anche per lenire il dolore al volto, ne segue le indicazioni ed inizia ad abusare di droghe di vario genere, le quali ben presto la porteranno a ricordare la verità su quanto era realmente accaduto, con tutte le conseguenze del caso.
Questa in sintesi la trama di La radice del male, il cui primo e più
drammatico problema sta nel fatto che la costruzione complessiva tende al racconto gotico
ed ambirebbe ad essere datmosfera, ma è invece letargica, soprattutto per colpa di
una fotografia dilettantesca, piatta e televisiva, che incenerisce allistante tutte
le potenzialità insite nella sceneggiatura di Giovanni Eccher, che, pur con tutti i
riferimenti del caso al cinema bis italiano degli anni 70, sulla carta sembra avere
una qualche originalità. Il secondo problema sta nellinadeguatezza della location:
la villetta suburbana che fa da cornice allintera vicenda sembra buona più per
unanestetizzante fiction targata Rai o Mediaset che per le inquietudini di un
horror. Purtroppo qualcosa sembra non tornare neanche nellesecuzione, dato che ad
una prima parte artificialmente dilatata (in cui Andrea sperimenta le prime sostanze, fino
a riacquistare le sue qualità di pittrice), fa seguito una parte finale di scarso impatto
ed assolutamente carente dal punto di vista del ritmo e della tensione. Malauguratamente,
neanche le visioni indotte dalle droghe sembrano particolarmente brillanti. Non che si
pretenda un Ken Russell, ma neppure labuso di dissolvenze di fiori che sbocciano in
stile National Geographic (il risveglio della coscienza di Andrea?) alternate a frammenti
di ricordi: niente sfavillanti paradisi artificiali alla Baudelaire/De Quincey, insomma,
ma una più semplice e risolutiva cura di fosforo. Tra citazioni buttate lì tanto per
fare (la sostanza usata da Andrea per ricordare è di un bel verde fluorescente, come nel
glorioso Re-Animator), dialoghi supponenti (Per Freud larte è
sublimazione, dirà Andrea alla governante, che si suppone scarsamente interessata)
e momenti di ridicolo involontario (lo zio scopre la rimozione un secolo dopo Freud), la
vicenda si trascina fiaccamente fino allinevitabile conclusione. Certo, dal cinema
indipendente americano di genere arriva ben di peggio ma, anche se il
risultato è tuttaltro che indegno e la fulciana Zora Kerowa se la cava bene (mentre
è tremendo Giancarlo Previati nel ruolo del marito), al film avrebbe giovato un maggior
polso registico e magari un gusto per linquadratura che evitasse lestetica da
tubo catodico anche se, a dire il vero, se ne segnala una piuttosto riuscita in plongée.
Buoni, anche se poco sfruttati, gli effetti speciali della Ubik e la colonna sonora di
Giusi Ruggeri. Insomma, se il soggetto è promettente la realizzazione appare abbastanza
carente e, tra le tante droghe citate (una per ritrovare la memoria, laltra per
cancellarla), lo zio della protagonista ha tralasciato lunica davvero
indispensabile: quella che permette di fare un buon film.
Voto: 5
(Nicola Picchi)