Regia: Shinya Tsukamoto
Cast: Shinya Tsukamoto, Kahori Fujii, Takahiro Kandaka, Takahiro Murase,
Mao Saito, Masato Tsujioka
Nazionalità: Giappone
Anno: 2005
Durata: 49 minuti
Un uomo si risveglia nel buio più totale. Non sa dove si trova nè come ci sia finito e il posto in cui è rinchiuso appare inquietantemente pericoloso. A tentoni, nel buio che inghiotte ogni cosa, cercherà di esplorare le sue possibilità di fuga e nel frattempo di recuperare il ricordo di ciò che è accaduto.
Tutto comincia con un risveglio al buio, metafora assai fuorviante del processo di
consapevolezza, dal momento che non verrà fatta nessuna luce, quindi tutte le avvenute
acquisizioni del protagonista resteranno in parte nellombra e quelle che alla fine
vedranno la luce non saranno spiegate. Tsukamoto non risponde a nessuno dei quesiti
fondamentali che pone e cioè: chi sono, dove sono, da dove vengo e dove sto andando. Il
protagonista, di cui mai sapremo il nome ha una terribile amnesia e si pone mille domande
circa il proprio stato, intanto potrebbe esser prigioniero di una guerra che non ricorda
essere scoppiata. Oppure vittima di un ricco pervertito che si diverte ad imprigionare le
persone, e poi a ferirle lasciandole morire nel sotterraneo delle sua stessa anima.
In mezzo ai pezzi di corpi che popolano lantro in cui si trova, incontra una donna,
anche lei preda di amnesia, la quale ricorda solo che volevo andare da
unaltra parte e poi sono stata portata qua prima di riuscire a scappare.
I due sono feriti in modo piuttosto serio, e la donna decide di tentare la fuga passando
sotto lacqua in cui sono immersi i corpi che li hanno preceduti.
Quando passeranno dallaltra parte si troveranno in una luce ed in un luogo che nulla
aggiungono alla consapevolezza dei due e dello spettatore. La verità è che potrebbe
essere accaduto di tutto, da una prosaica lite familiare finita male, fino al passaggio di
un alieno che cancella le menti delle persone e ci gioca come fossero bambole. In mezzo a
tutte queste possibilità ed a mille altre aggiunte a caso dallo spettatore, quello che
emerge è lassoluta maestria di Tsukamoto nel raccontare il perturbante, che da
sempre è ospite gradito di tutte le sue opere.
Qua lermetismo della rappresentazione lascia una traccia inquietante, lungo la quale
lo spettatore si arrampicherà con la stessa vacua tenacia che il protagonista mette
nellesplorare i cunicoli della sua anima, o di quella del regista, per quel che ci
è dato sapere. La dimensione proiettiva che sola riempie i vuoti lasciati dal sadico
demiurgo dellintera operazione, Dio o Tsukamoto a voi la scelta, impreziosisce il
tutto rendendo labile ogni possibilità di definizione. Fino alla rappresentazione finale
che, nella sua assoluta mancanza di coerenza finisce per complicare ulteriormente il
tentativo di decodifica di chi assiste impotente alla rappresentazione del vuoto
esistenziale che popola i sottoscala o le cantine del Giappone contemporaneo.
Tsukamoto non è nuovo alla sperimentazione, anni fa diede un sostanziale contributo al
cyberpunk con i suoi Tetsuo the iron man e Tetsuo 2 body hammer, dove
esplorava con maestria le possibilità del corpo. In questo Haze, dopo aver
trattato il tabù della morte in Vital e quello voyeuristico in A Snake of June,
ci regala la definitiva rappresentazione dellanima.
Lanima secondo Tsukamoto è un luogo oscuro, umido e pericoloso, dentro vi nuotano
silenziosi i frammenti di tutto quello che abbiamo distrutto sul nostro cammino, ma noi ne
perdiamo le tracce per strada e subito dopo anche il ricordo.
Tsukamoto usa la sua potente capacità espressiva attraverso le immagini per dirci che
dimenticare non ne cancella affatto lesistenza, la quale continua sotterranea ma non
per questo meno vitale. E ci dice anche che insistere in questo modello di rimozione ci
potrebbe privare del nostro passato e quindi uccidere la possibilità di un futuro.
Non male per un film di soli 49 minuti, che ad un primo sguardo lascia solo leggermente
disorientati, ma che guardato di nuovo e stavolta da vicino ci dice molte cose sul nostro
conto, cose che per lo più abbiamo dimenticato, ma Tsukamoto si assume qui il compito
assai arduo di ricordarcele, senza minimamente curarsi della crudezza del messaggio o
della difficoltà di capire il linguaggio del messaggero.
Voto: 7
(Anna Maria Pelella)