Regia: Dario Argento
Cast: Asia Argento, Udo Kier, Philippe Leroy, Daria Nicolodi, Moran
Atias, Corallina Cataldi Tassoni, Tommaso Banfi, Valeria Cavalli, Robert Madison
Produzione: Italia
Anno: 2007
Durata: 98 minuti
Unica sopravvissuta delle Tre Madri, le tre potenti streghe che dalla notte dei tempi spargono terrore e morte, Mater Lacrimarum si nasconde da secoli a Roma. Il suo risveglio scatena una serie di eventi misteriosi e terribili.
Parrebbe che ad Argento laria di casa risulti parecchio dannosa, dato che le cose
più riuscite degli ultimi quindici anni le ha realizzate oltreoceano per la serie dei
Masters of Horror (Jennifer e Pelts); non sappiamo se la responsabilità sia da
attribuirsi allo snervante traffico di Roma o alla cronica carenza di sceneggiatori appena
decenti, il fatto è che davanti a La terza madre il sentimento più acuto che
prova laffezionato spettatore è un doloroso imbarazzo. Unipotesi che ci viene
in soccorso è che il film sia stato girato e montato a sua insaputa, mentre Argento si
era assentato lasciando incustodita la macchina da presa. Come giustificare altrimenti la
recitazione dopolavoristica di un gruppo di attori allo sbando, latmosfera da
spettacolino da filodrammatica parrocchiale con annessa riunione familiare, lassenza
di uno straccio di sequenza degna di questo nome, la mancanza della pur minima tensione ma
anche della volontà di costruirla? Sembra svaporato anche quel nucleo radioattivo di
folle anarchia visionaria e barocca che ancora illuminava a sprazzi opere poco o per nulla
riuscite come Il fantasma dellopera, La sindrome di Stendhal
e persino il demenziale Non ho sonno, dove sopravvivevano sontuose schegge
non-morte del cinema che fu. Purtroppo lestrema libertà creativa è oramai
diventata noncuranza bambinesca ed incoscienza irresponsabile, facendo colare a picco dopo
il primo quarto dora questo incredibile e confusionario pasticcio. E pur vero
che una sceneggiatura articolata è sempre stato lultimo dei pensieri di Argento e
sarebbe superfluo lagnarsene, ma un tempo quello che mancava in coerenza narrativa veniva
restituito decuplicato attraverso straordinarie invenzioni visive, sanguinose epifanie,
sberleffi orrorifico-dadaisti ed irriverenti sputacchi sui cadaveri delle convenzioni, in
unidea di cinema forse imperfetta e caotica ma dal cuore selvaggio. A 27 anni da
Inferno il rasoio argentiano si è smussato e la Mater Lacrimarum, la più
bella e la più crudele delle tre, viene uccisa non dal rogo che incenerisce la sua veste
cerimoniale ma dal ridicolo, che è assai più devastante, con buona pace di Thomas De
Quincey. La ventata di follia scatenata dallimprovvisa apertura dellurna della
Mater Lacrimarum porta nientemeno che alla Seconda caduta di Roma(sic), la
quale vorrebbe forse ricordare il carpenteriano Il seme della follia ma sembra
più una Notte Bianca veltroniana in cui qualcuno abbia alzato un po troppo il
gomito, mentre le streghe immaginate da Argento, sia pure in versione punk/dark, sembrano
più adatte ad intrattenere deputati annoiati in alberghi del centro storico che non a
dedicarsi a ferali attività esoteriche. Certo, il fan di vecchia data proverà brividi di
colpevole piacere nellammirare Udo Kier nelle vesti di un esorcista (con tanto di
fila di indemoniati in attesa di esorcismo davanti alla porta, nella scena più
involontariamente comica del film), Philippe Leroy che si atteggia ad alchimista belga o
Daria Nicolodi che interpreta la versione femminile di Obi-Wan Kenobi, ma si tratta di un
fremito effimero e fuggente per cui si rischia di sentirsi in colpa subito dopo, se non
addirittura di perdere qualche diottria. Asia Argento si impegna ma non può fare
miracoli, considerato che sembra totalmente abbandonata a se stessa e che i suoi
comprimari muoiono come mosche dopo poche inquadrature, senza lasciarle altra alternativa
che quella di correre a perdifiato verso lultimo sabba (più polselliano che
argentiano) e verso la liberatoria risata conclusiva, la stessa risata che immagino si
sarà fatto Argento una volta finito il film. A peggiorare le cose, bisogna notare che né
la colonna sonora di Claudio Simonetti né gli effetti speciali del consueto Stivaletti
appaiono particolarmente ispirati, dando limpressione di una generale e diffusa
svogliatezza di fondo. Altra nota dolente è quella della censura, le cui lame sono più
affilate di quelle di Argento: la copia nelle sale è infatti visibilmente sforbiciata per
non perdersi il dubbio ma renumerativo privilegio dei passaggi televisivi nonché la
prospettiva di maggiori incassi per cui, forse, per vedere La terza madre in
versione integrale bisognerà aspettarne luscita in DVD. Come si vede da
Jennifer e Pelts, Dario Argento non ha perso la voglia di mordere
ma probabilmente lidea di dedicarsi ad un progetto vecchio di ventanni non è
stata tra le più indovinate, e La terza madre sembra un anacronistico relitto
scaraventato nei cinema dopo aver attraversato, tuttaltro che indenne, le sabbie del
tempo.
Voto: 4
(Nicola Picchi)