Fuoco cammina con me

Titolo originale: Fire walk with me
Regia: David Lynch
Cast: Sheryl Lee, Moira Kelly, Madchen Amick, Phoebe Augustine, Pamela Gidley, David Bowie, David Lynch, Chris Isaak, Ray Wise, James Marshall, Kiefer Sutherland, Kyle MacLachlan, Dana Ashbrook, Miguel Ferrer, Heather Graham, Eric DaRe, Peggy Lipton, Grace Zabriskie, Frank Silva, Michael J. Anderson
Soggetto: David Lynch, Mark Frost
Sceneggiatura: David Lynch, Robert Engels
Fotografia: Ronald Victor Garcia
Montaggio: Mary Sweeney
Colonna sonora: Angelo Badalamenti
Scenografia: Leslie Morales
Costumi: Patricia Norris
Produzione: Francia/USA
Anno: 1992
Durata: 135 minuti

TRAMA

Deer Meadow, stato di Washington.
Gli agenti speciali dell’FBI Chester Desmond (Chris Isaak) e Sam Stanley (Kiefer Sutherland), affrontando l’ostilità della polizia locale, cercano di far luce sulla misteriosa morte di Theresa Banks, prostituta e modella per la rivista “Fleshworld”.
Improvvisamente, i due agenti spariscono nel nulla e, quasi allo stesso modo, lo scomparso agente Jeffries (David Bowie) riappare negli uffici dell’FBI di Philadelphia.
Un anno dopo.
Twin Peaks.
Laura Palmer (Sheryl Lee) è la ragazza più popolare della sua comunità e viene spesso considerata un modello esemplare da imitare e su cui fare affidamento: tra volontariato, attività extrascolastiche e concorsi di bellezza, la giovane diciassettenne condivide gioie, amori e quei dolori tipici dell’adolescenza con l’amica del cuore Donna Hayward (Moira Kelly).
Nessuno, però, è a conoscenza della sua doppia vita, della sua dipendenza dalla cocaina, del lavoro come spogliarellista presso il “One - Eyed Jack’s” insieme alla coetanea Ronette Pulanski (Phoebe Augustine) e dello strano rapporto con suo padre Leland (Ray Wise).
Ma soprattutto... nessuno sa di Bob (Frank Silva).

RECENSIONE

“Quando si accende un fuoco simile a questo, è molto difficile spegnerlo: gli esili rami dell’innocenza bruciano per primi... poi si leva il vento e allora tutto il bene che uno ha dentro è in pericolo”.
Un film sperimentale.
Un esercizio di stile.
Un esempio d’avanguardia.
Un flop.
Spesso denigrato dagli addetti ai lavori come una mera operazione commerciale progettata a tavolino per sfruttare quel trend pubblicitario che rispondeva alla domanda Chi ha ucciso Laura Palmer?, Fuoco cammina con me è, in realtà, tutt’altro e molto di più.
Innanzitutto, bisogna chiarire una cosa e cioè che le due ore di durata di questo film sono indirizzate esclusivamente a quanti abbiano visionato l’intero serial TV e che sappiano destreggiarsi a dovere tra Double R, Great Northern e One Eyed Jack’s.
Detto questo, non c’è da meravigliarsi, dunque, se ad uno spettatore sprovveduto la tragedia messa in scena da Lynch appaia incredibilmente eccessiva e fuori controllo.
D’altro canto eravamo stati avvisati, e questo non possiamo negarlo: la natura di Fuoco cammina con me risiede nel suo voler puntare i riflettori sugli ultimi sette giorni di vita dell’affascinante e misteriosa Laura Palmer, reginetta di bellezza del liceo di Twin Peaks, sulla cui morte era incentrato l’impianto narrativo dell’intero telefilm (un’approssimazione quanto mai riduttiva questa, per un prodotto come quello firmato da Frost e Lynch).
Non un semplice prologo, però.
E nemmeno la perfetta ripetizione (e banalizzazione) di un acclamato format catodico.
Fire walk with me si spinge spudoratamente più avanti, scardinando lo stesso concetto che fin’ora avevamo avuto di “cinema”: non ha paura della sua crudeltà, né di mostrarsi lacero nella gonfia sensibilità dei suoi protagonisti.
La ricchezza delle immagini, e la distorsione che Lynch riesce ad imprimerle, ha qualcosa di assolutamente innovativo, sconvolgente nel suo essere così lucida ed esplicita: ogni dettaglio è perfettamente inserito nel suo contesto, non esiste casualità né tantomeno improvvisazione.
Tutto è progettato con maniacale precisione e cura, ogni elemento assolve a pieni voti l’uso per cui era stato inserito, sembra quasi di esser davanti ad una sceneggiatura, ad un’intelaiatura narrativa, che non debba limitarsi ad esser semplicemente letta.
Tra le sue righe, c’è qualcosa che va molto più in profondità dell’apparenza.
Il discorso iniziato con Velluto blu (e ripreso in Cuore selvaggio) viene qui amplificato e portato a piena maturazione: Fuoco cammina con me rappresenta il decisivo punto di svolta nella carriera dell’uomo di Missoula.
Non c’è happy - ending, non c’è speranza.
Solo una lontana, forse impossibile, redenzione.
Non il sogno di Jeffrey Beaumont, ma l’incubo di Laura Palmer.
Libero da ogni costrizione televisiva e dai buonismi della più tipica produzione a stelle e strisce, Lynch può finalmente raffigurare tutto il marcio e lo sporco che si nasconde dietro le tendine a fiori della provincia americana.
Ipocrisia, perversioni, sadismo, noia, fanatismo.
Violente pennellate di realismo filtrate attraverso i simboli e le allusioni di un universo rovesciato dei propri valori, privato della sua morale, dei suoi solidi punti di riferimento.
La dolce Laura è, in quest’ottica, martire, capro espiatorio dei peccati degli abitanti di Twin Peaks e, in un perfetto gioco di specchi, il loro stesso riflesso, l’icona delle loro colpe: è la domanda che li costringerà a fare i conti con la propria ambiguità e che metterà in luce tutti quegli orrori mascherati da sorrisi e cordialità.
Ogni cosa ha un’ombra.
“Appena sotto la superficie, c’è un altro mondo e mondi ancora differenti se scavi più in profondità”, ama ripetere l’autore... verrebbe quasi da dire che quello di Fuoco cammina con me, che quello di Lynch, è un cinema che non può e non deve limitarsi alla semplice osservazione, ma che deve ritrovarsi nell’esser sentito, vissuto, abbandonando ogni preconcetto conoscitivo per far, invece, affidamento sulla “pura e semplice” percezione delle strutture, più o meno solide, su cui si innalza la nostra esistenza.
E, soprattutto, bisogna farlo abbandonando quel cinico umorismo che tanto aveva reso celebre la serie ufficiale di Twin Peaks; se, da un lato, questo potrebbe far storcere il naso agli aficionados degli imprevedibili metodi tibetani dell’agente speciale Cooper, dall’altro, la scelta (quanto mai coraggiosa) di eliminare ogni residuo comico, rafforza in modo esponenziale la drammaticità ed il pessimismo che permeano un’atmosfera divenuta, di fatto, irrespirabile.
Menzione d’onore per il cast di attori che spazia da un giovanissimo Kiefer Sutherland a Chris Isaak, all’epoca sulla bocca di tutti per la sua scintillante carriera musicale, da David Bowie, Moira Kelly e Kyle MacLachlan (che tutti vorremmo rivedere nei panni del buon vecchio Dale) a due magnifici Ray Wise e Grace Zabriskie.
Poi c’è lei... Sheryl Lee.
Magnetica, fragile, sublime nella capacità di dare un’immagine quanto mai credibile alla debole Laura, ai suoi demoni incarnati ed ai suoi sogni perduti nei gelidi boschi di Twin Peaks.
Un dramma intimo, dunque, che tende ad universalizzarsi fino a divenire metafora sociologica tramite la coralità di una storia ritenuta, ormai, un classico.
Non a torto.
Voto: 9/10
(Stefano Ricci)