Regia: David Fincher
Cast: Morgan Freeman, Brad Pitt, Kevin Spacey, Gwyneth Paltrow, R. Lee
Ermey, Richard Roundtree, John C. McGinley
Sceneggiatura: Andrew Kevin Walker
Fotografia: Darius Khondji
Nazionalità: USA
Anno: 1995
Durata: 121 minuti
In una metropoli americana non meglio definita, il corpo di un uomo mostruosamente obeso,
viene ritrovato nel suo squallido appartamento, legato e torturato a morte. Il detective
Somerset, un vecchio uomo di colore, si fa assegnare il caso nonostante sia prossimo alla
pensione. Al suo fianco, lindisponente e giovane detective Mills, nominato quale suo
futuro successore, smania affinché il vecchio abbandoni lincarico per lasciargli il
posto che gli spetta di diritto. Ma Somerset non demorde e si lancia nellindagine
dellomicidio, seguito dal maldestro Mills, che vede nei modi affabili del vecchio
quasi una minaccia alla sua carriera.
Constatata la natura seriale degli omicidi, che sembrano punire persone dai turpi passati
nellordine dei sette peccati capitali, Somerset analizza ogni scena del crimine
sfoderando la sua enciclopedica cultura e la sua meticolosa dedizione al lavoro; Mills,
dal canto suo, dà il peggio di se stesso, tagliando corto a ogni buon consiglio del
vecchio detective, che invece, con la sua competenza, cerca di portarlo sulla giusta
strada.
Sarà la giovane moglie dellantipatico Mills a cercare di abbattere il muro di
incomprensione fra i due uomini, confidando a Somerset il suo terrore nellinserirsi
in una società sempre più volta alla violenza.
Seven ci parla di una società malata ai limiti del tracollo, spacciandola per una
qualsiasi città moderna (non a caso il suo nome rimane anonimo per tutta la durata del
film), una società dove il significato di violenza viene celato dallindifferenza
che i suoi abitanti provano verso di essa, dove si odono urla per strada ma non si presta
soccorso, dove le porte rimangono chiuse per la paura. Dove, dietro ogni finestra, si
commette ogni giorno un peccato capitale diverso, tollerato da una società che non può
più condannare, poiché ella stessa ne è pregna e infetta, e partorisce i suoi mostri.
Sorge dunque John Doe, luomo qualunque di una città qualunque (John Doe si può
tradurre dallo slang americano come Pinco Pallino), uno spietato messia dedito a punire le
anime dei peccatori che incrocia ogni giorno, seguendo una logica bislacca e micidiale,
cercando una via di fuga da quel mondo ammorbato di peccato in cui vive, rendendosi conto
solo alla fine di essere egli stesso un peccatore.
Sorge dunque David Mills, larchetipo del poliziotto americano medio, ignorante e
razzista, che cerca a suo modo di fare giustizia in un mondo sempre più depravato, che
pensa di stare nel giusto, ma che spesso, e soprattutto alla fine, si ritrova allo stesso
livello del criminale che tenta di neutralizzare.
Ci sono poi il vecchio detective, Somerset, disgustato dal mondo in cui vive e che vuole
andare via, e la giovane e sensibile moglie di Mills, Tracy, che deve e non sa come
entrarci. Esseri urtati e allarmati dalla violenza che li circonda, per questo meno idonei
a venirne infettati. Personaggi ai quali lo spettatore finisce per identificarsi, poiché
è intollerabile il gioco criminoso degli altri due.
Seven mette in contatto queste quattro persone, più che soffermarsi sui crimini
dellassassino, e gioca intorno ad esse, creando legami e intrecci, a volte evidenti,
altre volte meno evidenti. E palese il legame positivo che viene a instaurarsi fra
Somerset e Tracy, entrambi timorosi di cooperare con un ambiente malsano, e uno negativo,
volto alla violenza, fra John Doe e Mills, entrambi assuefatti dallo stesso ambiente,
nella scena dellinseguimento centrale e nel lungo, emozionate epilogo.
Seven allapparenza non si discosta molto dagli altri polizieschi che hanno invaso le
sale cinematografiche negli ultimi anni, anzi, fa del suo inizio lo stereotipo del
poliziesco classico, ma finisce per cambiare in maniera radicale verso la fine del film,
tanto da creare una specie a parte del suo genere, la specie dove lomicida diventa
la vittima e la società malata la sua nemesi; un modello di film già introdotto dal
Silenzio degli innocenti (chi non ha mai potuto provare un filo di fascino e
di comprensione nella follia di Hannibal?), e di recente ripreso più propriamente con i
film della serie Saw, lenigmista. Film che fanno discutere, poiché
danno un taglio netto allimmagine dello squilibrato cattivo da abbattere, della mela
marcia da estirpare per la salvezza di una società offesa, ma ci chiamano tutti quanti in
causa, quali complici dei nostri stessi mali.
Ottima la fotografia e linterpretazione generale degli attori, ma veramente pessimo
il doppiaggio di Kevin Spacey, che nella versione italiana assume una impropria voce
cantilenante, che personalmente non ho trovato adatta al personaggio.
Anche la parte di Gwyneth Paltrow risulta essere un poco scarna, lasciata quasi
incompleta, che esce completamente di scena solo a metà film, ma forse è una scelta
dello sceneggiatore: è in effetti a quel punto che John Doe si manifesta allo spettatore
come unentità materiale, una sorta di uscita di scena del buono per lingresso
del cattivo. Le chiavi di interpretazione sono molte.
Altamente consigliato perché, come ogni buon film che si rispetti, sa fare riflettere...
e sa anche farsi rivedere.
Voto: 9