Titolo originale: El
laberinto del fauno
Regia: Guillermo del Toro
Cast: Ivana Baquero, Doug Jones, Sergi López, Ariadna Gil, Maribel
Verdú
Produzione: Messico, Spagna, U.S.A.
Anno: 2006
Durata: 112 minuti
Ambientato nella Spagna del 1944 poco dopo la fine della guerra civile spagnola, il nuovo film di Guillermo del Toro (Blade 2, Hellboy, La spina del diavolo) racconta la storia di Ofélia (Ivana Baquero) che, trasferitasi insieme alla madre Carmen a casa del patrigno, il capitano dellesercito franchista Vidal (Sergi López), soffre per i suoi modi freddi e autoritari. Troverà così rifugio in un misterioso labirinto che ha scovato vicino a casa, dove Pan, la magica creatura che fa da guardiano al labirinto, le rivela che lei è la principessa smarrita di un regno magico.
Secondo capitolo, dopo La spina del diavolo della trilogia (anche
se ultimamente si tende ad un uso inflazionatistico del termine) fantastico-metaforica
sulla Spagna franchista, concepita da Guillermo Del Toro.
La locandina e le etichette conferite dalla stessa casa di produzione (oltre che da una
certa critica) farebbero pensare ad un titolo propriamente fantasy ed è per questo che mi
sono accinto alla visione con qualche riserva. Riserve condizionate dal fatto che,
soprattutto negli ultimi tempi, nutro un po' di allergia verso questo genere visto che,
sempre più spesso, si assiste alla messa in scena di fiabe adatte soprattutto ad un
pubblico infantile o al massimo adolescenziale che, con un uso spropositato di effetti
speciali, risultano in ultima analisi, alquanto sterili sotto altri profili (tutto il
rispetto verso la saga di Tolkien, diretta da Peter Jackson, che rimarrà - probabilmente
- un caso unico di perfetto compromesso).
Non era il caso del recente tentativo (apprezzabile, anche se personalmente non
completamente riuscito) del "Lady in the water" di Shyamalan e lo è ancora meno
questo di Del Toro che, dopo un inizio un po' tentennante e dai ritmi eccessivamente
blandi, si rivela ben presto un incubo spaventoso.
Contrariamente a quanto si possa immaginare, però, gli incubi non sono portati dai mostri
che popolano gli abissi della terra frequentati dalla piccola Ofelia, bensì dagli uomini
che sul piano della realtà provocarono il terrore con il loro regime dittatoriale nella
Spagna franchista. Ed è qui che il film si rivela esattamente per quello che è: un
dramma incentrato sulla guerra civile e sugli orrori provocati dal fascismo. Lo stesso
regista non fa segreto dei suoi pensieri: ... il fascismo è innanzitutto una
forma di perversione dellinnocenza, e quindi dellinfanzia. Per me il fascismo
rappresenta in un certo senso la morte dellanima, perché obbliga a compiere scelte
dolorose, laceranti che lasciano un segno indelebile e profondissimo in coloro che lo
hanno vissuto. Ecco che il punto di vista di una bambina diventa lideale
rappresentazione di una sorta di dicotomia, da una parte diretta (con una rappresentazione
storica), dall'altra sotto forma di metafora (con la perdita dell'innocenza). Due forme
narrative che alla fine si incastrano in modo perfetto.
La pellicola è totalmente avulsa da ogni consolante e adolescenziale considerazione,
ponendo continuamente la piccola protagonista al centro di situazioni tragiche, che la
costringono a scelte che non sono tipiche della sua età, e in una precoce perdita della
fanciullezza.
Il risultato è un pregevole esempio di come si possa fare cinema di "genere" in
modo "serio", drammatico e, concedetemelo, adulto.
Il labirinto è il luogo (mitico per eccellenza) dove la vicenda si risolve, richiamando
in modo elegante anche lo Shining di Kubrick, sia dal punto di vista della tematica oltre
che da quella figurativa, lasciando lo spettatore in sospeso e moltiplicando le possibili
letture.
Un raggio di luce che però non riesce a cancellare il prorompente buio della tragedia,
nemmeno con la seducente ambiguità della scena finale.
Voto: 8
(Davide Battaglia)