Alta tensione

Titolo originale: Haute tension
Regia: Alexander Aja
Cast: Cécile De France, Andrei Finti, Jean-Claude de Goros, Franck Khalfoun, Marco Claudiu Pascu, Maïwenn Le Besco, Philippe Nahon, Oana Pellea, Gabriel Spahiu, Bogdan Uritescu
Sceneggiatura: Alexander Aja, Gregory Levasseur
Direttore della fotografia: Maxime Alexandre
Musiche: Francois Eudes
Produzione: Francia
Anno: 2003
Durata: 88 minuti

TRAMA

Marie e Alex, in procinto di estenuanti esami universitari, hanno bisogno di un posticino tranquillo tranquillo dove poter studiare in pace e serenità. La casa dove abitano Alex e la sua famiglia è un posto perfetto: aperta campagna, completamente isolata, per raggiungerla bisogna percorrere quattro chilometri di sassi e buche in mezzo a una distesa praticamente infinita di campi di granoturco.
Sembra però che qualcun altro - che pare non avere nessuna voglia di studiare - conosca bene questo posto. È un tizio cicciotello, guida un furgone trasandato, e ha un rasoio affilato in mano. E, beh, sì, ha intenzione di usarlo, quel rasoio. Senza tanti convenevoli.
Marie e Alex, quindi, dovranno a malincuore lasciar perdere diritto ed economia e concentrarsi su una materia a loro assai più cara: la sopravvivenza.

RECENSIONE

Stupisce il film di Alexander Aja, l’astro nascente dell’horror europeo (assieme a Neil Marshall). Incolla allo schermo e lascia senza fiato. È un’ora e mezza di tensione (alta), un vortice di violenza inarrestabile, un gioco di suspense che non lascia scampo.
Marie e Alex, tra scherzi, sberleffi e prese in giro, arrivano alla casa. Ciao a tutti, bacio della buonanotte, e vanno a nanna. Sopraggiunge il maniaco, brutto, cattivo e minaccioso. Il killer ammazza tutti, con calma, che la notte è lunga. Le due ragazze tentano di scappare; oh, beh, più che altro tentano di nascondersi. Sangue e violenza. Ansia e fiato corto. Inizia il bello.
Venti minuti ed ecco servita la trama, semplice, lineare, perfetta. Venti minuti e sappiamo tutto quello che serve sapere sulle due belle protagoniste. Venti minuti e non conosciamo assolutamente niente sull’assassino, chi sia e perché abbia questo passatempo. Venti minuti, e l’orgia di inseguimenti e splatter farà capolino dai nostri televisori. Venti minuti, e poi "Alta tensione" verrà (giustamente) ricordato negli anni a venire per il giocattolo di sadismo e suspense che rappresenta.
Viene pertanto facile immedesimarsi in Marie, mentre si nasconde sotto il letto e dentro l’armadio, e assiste impotente al massacro. È naturale soffrire con lei, trattenere il fiato quando si sentono i passi dell’assassino su per le scale, e buttare tutto fuori quando torna il silenzio. È terrificante sentirsi inseguiti nella casa, e poi nella stazione di servizio. Dà soddisfazione e ci rende forti rincorrere poi il maniaco e urlargli contro: "Ah, accidenti a te! Aspetta che ti prenda...". E poi c’è il finale, che spiazza, disarma, sconvolge, ci fa cadere la mandibola, nella sua infima genialità.
La regia di Aja è una boccata d’aria fresca. Tesa e insostenibile con quelle lunghe sequenze che ti lasciano senza respiro. Morbida e delicata, con quelle dolci carrellate che ci traggono in inganno. Veloce e sorprendente, quando ci prende in giro con quei finiti colpi da farti venire il cuore in gola.
Magnifica la sceneggiatura, scritta a quattro mani dal regista stesso e dal fedele compagno di crimini Gregory Levasseur (loro anche la sceneggiatura del remake "Le colline hanno gli occhi", per la regia sempre di Aja). È chiara fin da subito, quasi elementare, eppure funziona alla grande, grazie alle atmosfere malsane e disturbanti che vengono ricreate. Non ci sono grossi colpi di scena (se non quello finale, veramente sorprendente), ma ogni piccolo tassello, per quante semplice, ha una sua enorme importanza ai fini della trama generale.
Stesso discorso per i dialoghi. Ce ne sono pochi, ma sono scritti con cura, sono complessi e realistici. Sì, insomma, non sono messi lì giusto perché si deve, perché sennò sarebbe brutto che i protagonisti si esprimessero solo a urla e grida.
Ecco, quel finale così incredibile, riesce a stupire anche per la quantità di informazioni che vengono fuori negli ultimi minuti. E il quadro, magari per quanto possa apparire improbabile sotto certi versi, combacia invece perfettamente con quello che le due ragazze si dicevano all’inizio (parole che, ovviamente, non attirano di certo l’attenzione, ma sono molto importanti) e certi gesti di cui sono protagoniste.
Perfette le musiche, che spaziano dai Ricchi e poveri (oh, non sto scherzando, le due tipe ascoltano veramente questi roba) ai Muse. I pezzi originali, invece, sono lunghe digressioni ambient rumoristiche e minimali, piuttosto fastidiose, a dire il vero, ma che ricreano con estrema crudeltà la sensazione di oppressione di Marie.
Eccezionale la fotografia di Maxime Alexandre (che, tra le altre cose, ogni tanto fa capolino sul forum de LaTelaNera, quindi lo saluto). Cruda e spietata, con giochi di luce sensazionali e scelta di colori limpidi e dosati con intelligenza.
Pollice su anche per il trucco della leggenda Giannetto De Rossi, che ci regala scene splatter a profusione, di una violenza e brutalità a volte quasi insopportabili (la più terrificante è quella di una specie di motosega che trancia in due un povero disgraziato, ma lentamente, mooooolto lentamente). Nonostante il budget limitato, gli autori non hanno certo risparmiato quando hanno dovuto comprare sangue finto e frattaglie. Meglio così, va’.
La prova offerta dagli attori è molto credibile e sofferta. Cecile De France (Marie) è dotata di un bagaglio di espressioni facciali che lascia ammutoliti, e il personaggio che interpreta è così realistico e reso credibile che, come detto qualche riga più in su, ci si immedesima subito in lei.
Molto brava anche Maiween (Alex), che viene dal teatro: certo, è la classica screaming girl, che, da circa metà del film in poi, non farà altro che sgolarsi e piangere e ancora gridare, ma se la cava egregiamente.
Philippe Nahon, nella parte del cattivone sadico e spietato, regala un’interpretazione originale a avvincente nella prima parte, poi si trasforma nel classico assassino e perde così un po’ di fascino, ma nel finale si riscatta, elargendo malvagità e cattiveria senza limiti.
"Alta tensione" è un film che si potrebbe definire anche esagerato, per certi versi, ma ha talmente tanti buoni spunti e trovate geniali, che non può non essere considerato uno dei miglior horror usciti di quest’ultimi tempi. Se ne parlerà per un bel po’.
Non si tratta comunque un caso isolato. Alexander Aja ha talento, e ce lo ha dimostrato col buon remake de "Le colline hanno gli occhi". E questo non può che farci piacere, dandoci la possibilità di guardare fiduciosamente verso il futuro del genere che tanto amiamo.
Voto: 8
(Simone Corà)