Regia: M. Night Shyamalan
Cast: Paul Giamatti, Bryce Dallas Howard, Andrew Aninsman, Bob Balaban,
J. Bloomrosen, John Boyd, Shaun Brewington, Rich Bryant
Sceneggiatura: M. Night Shyamalan
Musica: James Newton Howard
Produzione: U.S.A.
Anno: 2006
Durata: 110 minuti
Nel Cove, un enorme complesso residenziale, capita che qualcuno non rispetti le regole. È per questo che il custode Cleveland Heep vuole scoprire chi sia quel disgraziato che fa il bagno nella piscina dopo le 19. Appurato che si tratta in realtà di una ragazza, o meglio, di una narf (una creatura del mare), Heep si prende a cuore la situazione della nuova arrivata - che di nome fa Story e di professione predice il futuro e cerca luomo che cambierà il mondo - e tenterà in tutti i modi di aiutarla a scappare dallo scrunt che le sta dando la caccia. Presto, fortunatamente, anche gli inquilini del Cove si metteranno dalla parte di Heep per dare una mano a Story e cercare - in maniera alquanto bizzarra - di farla tornare nel mondo dal quale proviene.
Shyamalan sbarca in Europa portandosi dietro le numerose critiche e i magri incassi con i
quali il pubblico americano ha bocciato il suo Lady in the water. È triste notare come un
regista così innovativo, che tanto ha dato al mondo del fantastico e dellhorror,
possa subire una simile accoglienza, soprattutto in virtù del fatto che questo suo nuovo
film è di quelli che lasciano a bocca aperta, che meravigliano e che fanno commuovere.
Evidentemente, mai come in questoccasione, Shymalan ha percorso quella sottile linea
che separa il ridicolo dal genio. E il pubblico (e non solo) ha frainteso quello che il
regista indiano voleva proporre, giudicando con superficialità unopera complessa
che andava sviscerata ben più in profondità.
Lady in the water è una favola moderna. Una favola delicata, dolce e malinconica. Una
favola che comunque non ha paura di sfociare in certe atmosfere horror o in siparietti
comici a tratti esilaranti. Una favola che è troppo reale e vivida per poter esser
scambiata per qualcosaltro (da qui la naturalezza con cui Heep e gli altri
affrontano la situazione). Una favola da guardare comunque con un occhio di riguardo,
visto la ricchezza di simboli e di metafore di cui si può vantare.
È così che si può capire che il gigantesco The Cove rappresenta le bizzarre e
multiformi diversità sociali che ci circondano, diversità che vengono fuori nella loro
completa imprevedibilità soltanto nel burrascoso finale. Che Story è la storia (appunto)
che tutti vivono ogni giorno, altresì chiamata vita, e che la ricerca di un proprio ruolo
e di uno scopo allinterno di questa storia è di fondamentale importanza. Già,
perché Lady in the water, smessa la maschera di fiaba, è proprio questo, un inno a
credere in se stessi, a capire che, sì, ognuno di noi ha la propria importanza nella
briciola di universo in cui viviamo. Un'importanza troppo marcata (e così nascosta) da
non poter tralasciare.
Ma per riuscire a capire questo, bisogna essere in grado di ascoltare quello che i
protagonisti dicono quasi con incredulità mentre si avviano allo scontro finale: bisogna
ridiventare bambini. È necessario, per forza. Altrimenti cè il terribile rischio
di fraintendere (come si diceva pocanzi) le immagini che scorrono sullo schermo, e
di bollarle inconsciamente di elementare stupidità. Già, bisogna avere il coraggio di
saper guardare con gli occhi meravigliati di quando avevamo dieci anni, di lasciarsi
andare, di credere.
Tutti, in Lady in the water, hanno un proprio ruolo, solo che ancora non lo sanno.
Cè Cleveland Heep, con quel drammatico passato che ancora lo tortura, che si vede
(ma, occhio, non ci crede) costretto a fare un lavoro a volte così umiliante per tutta la
vita. Cè Jesse, che dalla vita sembra chiedere solamente un nuovo attrezzo per far
pesi. Ci sono madre e figlia e la favola che solo loro conoscono, ma, diavolo,
quantè reale... Ci sono i fattoni sbandati che non desiderano altro che una foglia
di maria per darsi la carica e passare tutto il giorno a parlare di, beh, niente.
Cè lo stesso Shyamalan (non così casualmente) nella parte di uno scrittore che non
crede del tutto alle parole che escono dalla sua penna. E cè pure un critico
cinematografico, cinico e spietato. Lunico che, a conti fatti, non crede.
Toccherà a Story identificare il vero scopo che ogni personaggio ha nella storia (nella
vita). Ma poi, sarà proprio lei a farlo?
Ogni cosa è al suo posto, così perfetta come solo i film di Shyamalan sanno fare. Il
regista svela a poco a poco i dettagli sufficienti a capire le vere personalità di ogni
inquilino del Cove, e solo alla fine si avranno effettivamente al loro posto (scopo) i
tasselli di questo enorme puzzle (come solo aveva fatto in Signs, il film che, a parere di
scrive, è la summa dello Shyamalan-pensiero).
La regia di Shyamalan non è mai stata così sperimentale come in questo film. Il regista
indiano predilige primissimi piani, sfocature di ogni tipo, inusuali angoli di ripresa, e
lunghe quanto intense soste durante i dialoghi.
Magnifico lo script, complesso anche se allapparenza mostra uno strato di
semplicità che incuriosisce. I personaggi sono tratteggiati con grande cura e ricchi di
dettagli che fanno la differenza; i dialoghi sono enfatici, sofferti, decisi, come
tradizione insegna. La scelta dei siparietti comici, poi, è una genialata che
difficilmente si sarebbe potuto aspettare da un regista come Shyamalan, sempre alle prese
con temi tristi e dolorosi. Alcune situazioni, infatti, sono spassose e irresistibili, e
stupisce la capacità del regista indiano di trovarsi a proprio agio anche con questa
novità, naturalmente non sacrificando latmosfera drammatica che pervade tutto il
film.
Paul Giamatti è da oscar. Linterpretazione che ci regala strappa applausi a ogni
espressione facciale, a ogni movimento, a ogni parola che esce dalle sue labbra.
Straordinario e immenso, lascia a bocca aperta.
Buona la prestazione del regista stesso nei panni di una figura chiave della pellicola,
anche perché questa volta lo spazio a sua disposizione è molto più elevato rispetto ai
piccoli cammei di cui si è reso protagonista nei suoi precedenti film. Certo, il suo modo
di porsi e il suo viso teso e sofferente fanno assomigliare un po tutti i personaggi
che interpreta, ma questo non è che un piccolissimo neo.
Dolcissima Bryce Dallas Howard, silenziosa e sofferente ninfa di mare.
Pregevole anche il resto del cast, tutti alle prese con questi personaggi simpatici e
teneri, che fanno sorridere e commuovere.
Notevole il comparto musicale, affidato come sempre a James Newton Howard. In questo caso
le musiche sono più presenti che non negli altri film di Shyamalan, e questo non può che
giovare allintera pellicola. Forse la melodia portante, in tutta la sua struggente
epicità, sarebbe stata più adatta per un Armageddon o qualche altra americanata
strappalacrime, ma anche qui fa il suo belleffetto.
In conclusione, risulta difficile uscire dalle sale senza un qualcosa in più, senza
essere stati rapiti per quasi due ore da un inaspettato ritorno al passato, e soprattutto
senza aver la voglia di custodire gelosamente una parte di noi stessi che credevamo
perduta, ma che in realtà si era solamente ben nascosta.
Voto: 10
(Simone Corà)