LA mosca

Titolo originale: The Fly
Regia: David Cronenberg
Cast: Jeff Goldblum, Geena Davis, John Getz, Joy Boushel, Leslie Carlson, George Chuvalo, Michael Copeman, David Cronenberg, Carol Lazare, Shawn Hewitt
Sceneggiatura: David Cronenberg, Charles Edward Pogue
Durata: 92 minuti
Produzione: USA
Anno: 1986

TRAMA

Seth Brundle (Jeff Goldblum) è un giovane e ambizioso fisico sul punto di presentare una rivoluzionaria scoperta (bisognosa però di essere perfezionata). Durante una cerimonia conosce la giornalista Veronica Quaife (Geena Davis) che è in cerca di uno scoop. Brundle la invita nel suo laboratorio-casa e le mostra qualcosa di incredibile, un’invenzione capace di teletrasportare la materia. Tra i due nasce lentamente una relazione, infastidita però dall’ex amante di lei che è anche il direttore del giornale per cui Veronica lavora. Sarà questo tormentato rapporto “a tre” che condurrà Brundle, in un momento di cieca gelosia, a compiere l’esperimento di teletrasporto su sè stesso. L’esperimento, apparentemente riuscitissimo, avrà in realtà delle conseguenzi devastanti.

RECENSIONE

La bellezza di un film come “La Mosca” è racchiusa nella sua semplicità narrativa a cui si accompagna però una grande complessità interpretativa. Siamo di fronte a un horror che sfocia spesso perfino nello splatter, c’è un pizzico di fantascienza e non mancano i consueti elementi tanto cari a Cronenberg: la commistione tra macchine e carne, la metamorfosi del corpo (e della mente), l’approccio comunque romantico, mai in secondo piano nell’opera del regista canadese. È la sua seconda pellicola americana dopo il precedente “The Dead Zone” del 1983 e si tratta di una personalissima rivisitazione del film “L’esperimento del Dottor K” (1958) di Kurt Neumann che a sua volta si ispirò al racconto di George Langelaan. Già... anche all’epoca i registi d’oltreoceano sfornavano remake a più non posso, ma certamente la dose di creatività che vi inserivano non aveva nulla a che fare con le mere operazioni commerciali degli ultimi tempi (vedi, nello stesso periodo, anche Carpenter per “La Cosa”). Uno degli aspetti più interessanti della pellicola di Cronenberg è come sia riuscito a realizzare un film melò (chiaramente rappresentato soprattutto nel suo drammatico finale) senza che all’epoca molti se ne accorgessero, troppo attenti a etichettarlo (o se preferite ghetizzarlo) come “semplice” horror. I piani di lettura sono però molteplici, come dicevamo, a partire dalla degenerazione del corpo umano, possibile metafora di una qualsiasi malattia che costringe un condannato a morte all’isolamento, e della difficoltà che le persone care incontrano nel condividere una tale sofferenza; non tutti possiedono la forza o il coraggio di restare accanto a una persona amata gravemente malata fino alla fine. Come dice Enrico Ghezzi nel suo libro “Paura e desiderio” quello che Cronenberg ci racconta è “l’angoscia umanistica per il destino del corpo”. Il proprio come quello degli altri.
C’è inoltre una abbastanza esplicita critica alla società moderna rappresentata da un uomo che cerca di correre più veloce del mondo, ma da questa corsa è travolto.
Il tutto è condito da una fotografia cupa, da scenografie opprimenti (il film è realizzato quasi esclusivamente in interni), da effetti speciali strabilianti per l’epoca (realizzati da Chris Walas e Stephen Dupuis premiati in questa circostanza con l’Oscar) e da attori perfetti (Jeff Goldblum, è probabilmente alla sua migliore interpretazione). Disgusto e commozione: il dramma kafkiano è compiuto.
Voto: 8,5
(Davide Battaglia)