King Kong

Regia: Peter Jackson
Sceneggiatura: Peter Jackson, Philippa Boyens, Fran Walsh
Cast: Naomi Watts, Jack Black, Adrien Brody, Andy Serkis, Jamie Bell
Produzione: USA, Nuova Zelanda
Anno: 2005
Durata: 180 minuti

TRAMA

Naomi Watts, un’attricetta squattrinata dalle belle speranze, si ritrova improvvisamente con la porta sbattuta in faccia, senza un lavoro, senza un tozzo di pane e manco un quattrino in tasca, ed è alla disperata ricerca di un impiego. Ma quando scopre che il suo talento verrebbe sprecato in uno squallido bordello, decide di accettare l’interessante proposta di Jack Black, un regista che sta giocando la sua ultima carta disponibile prima di finire in gattabuia: girare un film in un'isola sperduta. L’arrivo su Skull Island non è dei migliori, ma, d’altronde, con un nome simile, come ci si potrebbe aspettare qualcosa di buono? E quindi ecco gli scogli che incagliano la nave, ecco gli indigeni che fanno festa ai nuovi arrivati, e... beh, ecco il protagonista assoluto, il Re delle scimmie, che rapisce la povera Naomi e ne fa la sua sposa, difendendola da lucertoloni bavosi e affamati a suon di sberle, urlacci e botte sul petto. E il resto della troupe? Eccola lì, capitanata dal premio oscar Adrien Brody - qui sia nella veste di impacciato sceneggiatore che di impavido avventuriero - che cerca di salvare la bella bionda, incurante delle mille sorprese dell’isola...
Poi, vabbè, sapete tutti come va a finire, no?

RECENSIONE

Oh, ecco finalmente il tanto atteso come-back del Signore degli Anelli Peter Jackson, qui alle prese con il suo più grande sogno di sempre: ammaestrare il famoso scimmione alto sette metri a suon di effetti speciali, straordinarie scenografie, maestose musiche e tanto, tanto spettacolo. Eccole qui, dunque, le 3 ore giuste giuste di King Kong. Una pellicola immaginifica, da far sbrilluccicare gli occhi ad ogni sequenza, un kolossal di quelli da far cascare la mandibola, un filmone che, quando ti alzi dalla poltrona, ti senti tremendamente soddisfatto ed appagato, conscio che quei 6,50 € non sono mai stati così ben spesi. Onore quindi a Jackson per aver dato vita a, beh, bene o male quello che tutti si aspettavano. Non c’è da rimanere delusi, sicuramente... o sì? Cavolo, forse scavando un po’ più in profondità, c’è qualcosa che scricchiola, c’è qualcosa di troppo... sì, insomma, qualcosa che non va. Ohibò...
Ma andiamo con ordine.
La prima ora del film è d’atmosfera, veloce e divertente a tratti, più intimista e drammatica per altri: serve per conoscere a fondo i protagonisti e i loro problemi, e poter toccare con mano le loro non troppo complesse psicologie. Quindi incontreremo l’attrice disoccupata Naomi Watts e la sua disperata ricerca di un lavoro qualsiasi pur di poter mangiare e tirare avanti; Jack Black e la sua testardaggine nel voler girare a tutti i costi ‘sto film in un isola dal nome ridicolo, convinto come non mai che non sarà il solito flop; Adrien Brody e la sua timidezza, nonostante la fama di grande sceneggiatore che lo precede. E poi via via tutti gli altri, ovvero i restanti membri della troupe e l’equipaggio della nave che avrà l’ingrato compito di condurli sull’isola - e pure di trarli in salvo dai mostracci che la infestano: ma guarda te che culo!
Qui Jackson si diverte a ricreare lo stile degli anni ’30 - tra l’altro, e non è una piccolezza, in maniera eccezionale - con riprese ad ampio respiro, dove è la vecchia metropoli a farla da padrona, per poi soffermarsi - con un buon gusto per l’umorismo - sui personaggi e su ciò che gravita attorno a loro. Grande atmosfera, quindi, che si respira a pieni polmoni grazie anche alle roboanti musiche - forse un po’ troppo in eccesso, però. Gli attori se la cavano benone, con un Jack Black straordinario - come sempre -, una dolcissima Naomi Watts e un Adrien Boody perfettamente in parte, con quel suo sorriso impacciato sotto quel grande nasone che lo contraddistingue.
Poi ecco che il tono del film cambia, l’atmosfera si fa cupa, pesante, tetra, pregna di incubo e terrore... Si inizia a parlare dell’Isola del Teschio, tutti tengono ‘na paura tanta, e... patatrack! Fatta la frittata. La nave si incaglia e inizia il bello. Qui sono suspance e tensione che tengono in mano il respiro dello spettatore, dosando con grande efficacia scene molto spettacolari. E Jackson è là dietro la macchina da presa che se la ride compiaciuto.
Si passa ora alla notiziona... Squillino le trombe e si faccia festa, perché l’abbondante ora che segue vede il simpatico neo-zelandese alle prese con un rispolvero inaspettato delle sue radici: horror! Puro e semplice horror! Certo, non sarà quell’orrore così genuino quanto amatoriale degli esordi - beh, con tutti quei soldi che gli han messo a disposizione -, ma finalmente, dopo una fracca di tempo, si rivede con piacere Jackson cimentarsi con l’horror vero e proprio - per quanto patinato possa essere. Sì, è vero, anche ne Il Signore degli Anelli c’erano mostracci puzzolenti in abbondanza, ma non erano di sicuro lì per spaventare, anzi. E allora via: dagli indigeni terrorizzanti allo straordinario impatto di Kong (“interpretato”, se così si può dire, da quel mattachione di Gollum Andy Serkis), passando per dinosauri di tutte le specie, ragnacci schifosi, mostricciatoli striscianti, T-Rex affamati e chi più ne ha più ne metta. Jackson se ne infischia allegramente e mette nel calderone tutto quello che gli pare. E con che stile, cavolo! Le scene della fuga dei brontosauri e della lotta tra il gorillone e i tiranni è quanto di più sensazionale e attanagliante abbia visto negli ultimi anni. Tensione alle stelle, fiato mozzato, continui colpi di coda inaspettati... Mamma mia! Qui tutto è esagerato, eccessivo, ma mai inverosimile - capiamoci, su - e soprattutto Jackson non cade nel solito tranello, e i sentimenti e le emozioni dei protagonisti, nonché ovviamente il reale messaggio della pellicola, non vengono offuscati da tutta questa magnificenza grafica. Naomi, dopo la naturale diffidenza - e ci mancherebbe! - si affeziona allo scimmione e inizia così il loro tenero quanto travagliato rapporto. Tutto questo mentre dall’altra parte, Brody e Black soffrono le pene dell’Inferno, il primo trasformandosi in Conan per salvare la sua amata, il secondo per filmare i segreti che la natura ha nascosto in quel luogo. Che coraggio!
E’ proprio qui che il film raggiunge il suo picco e poi - ahimè - l’inevitabile discesa. Intendiamoci, la pellicola non ha nessun calo di tono, eppure, un po’ di amaro in bocca lo lascia lo stesso. Certo, Jackson ha nel suo arco frecce del calibro di una buona sceneggiatura, con dialoghi mai banali anche quando affrontano situazioni parecchio convenzionali, scene letteralmente mozzafiato, da far impallidire anche quanto ha fatto con la trilogia tolkeniana, e attori sulla carta mostruosi, ma che poi... eccolo qui, il problema numero uno: non riescono a rendere propriamente credibili i propri personaggi. Black è sensazionale, ha una mimica facciale da oscar, il modo in cui muove sopracciglia, occhi e bocca è da applausi, ma - miseriaccia! - il ruolo di perfido approfittatore non fa per lui, gli sta un po’ stretto, e la sua interpretazione sembra quasi sprecata. Boh, sarà perché io ce l’ho in mente solo per le commedie, e a fare il cattivo (che poi tanto cattivo non è) non ce lo vedo. Forse è solo un difetto mio, sia chiaro. Brody, invece, nella prima parte è eccezionale, con un personaggio cucito a misura su di lui, e pure la sua evoluzione in selvaggio e duro uomo disprezzante del pericolo ci sta bene, ma, non so, mi sembra non sia riuscito a immedesimarsi completamente nel suo personaggio. Mi è parso parecchio freddo, in alcuni punti, quasi svogliato. Molto brava invece la Watts, anche se - e questo è il problema numero due - il suo rapporto con l’ammasso di peli mi sembra un po’ eccessivo e forzato. Alla fine del film verrebbe quasi da pensare che, sì, alla gente piace avere un animaletto da compagnia: c’è chi ha un cagnolino scodinzolante, chi un bel gattino ruffiano, e chi ha uno scimmione alto sette metri, con un sorriso capace di uccidere all’istante, tonnellate di muscoli e cicatrici, ma con due occhioni così carucci... No, non funziona tanto.
Cosa si può dire, quindi, in conclusione? Beh, che forse Jackson poteva evitare di calcare in maniera così forte la mano sul rapporto bella-bestia. Ecco qua dove sta il nocciolo della questione. Ma questo non perché offuschi o avvilisca il film, no, assolutamente. E poi è il tema principale, dopotutto, non bisogna scordarselo! Ma questa sorta di fiaba dal triste finale allora non si amalgama così bene con tutto quello che viene prima e... boh, sarà tenero, malinconico, emozionante, toccante, quello che volete, ma poco credibile. Da aggiungere anche la parte finale, quella di Kong mattatore del sabato sera a Broadway è un tantino troppo veloce e superficiale, e andava un po’ ampliata e pensata meglio (ma allora il film ne durava quattro, di ore!). Questo perché succede tutto troppo in fretta: all’improvviso, lo scimmione è sul palco del teatro, mentre la Watts ha già un altro lavoro, Brody ha già scritto una nuova commedia, e tutti gli altri sono spariti... Mmmh, mi sembra un po’ buttato là, ma potrebbe essere solo la mia impressione ad una prima visione.
Che si può fare, quindi, alla fine? Spogliamo un po’ la pellicola di tutto quel popò di effetti speciali stratosferici... Cosa ne resta? E’ sufficiente? O lo scheletrino fa fatica a reggersi in piedi da solo? Io dico che si tratta di un buon film, magari non quel capolavoro che mi aspettavo, ma neanche una qualunque fetecchia hollywoodiana che senza computer grafica non vale una gomma masticata.
Tolte dunque le pecche sopra elencate, comunque, tanto di cappello a mr Jackson e al suo sogno che si è realizzato.
Bene, ora basta, però. Torniamo agli splatter, ok?
Ah, solo un appunto, mi appello a voi tutti: ma come hanno fatto a trasportare Kong dall’isola alla città, con la bagnarola che si ritrovavano? E il segnale “trasporto eccezionale”?
Voto: 7,5
(Simone Corà)