Concorso di poesia horror.
Flavia Federico interpreta "Lamento d'un arcade" di Simone Colangelo.
Arcadia è gelata,
la sua fine io temo.
Poesia è ben morta,
è per lei il crisantemo.
Musa malata
d’un presente blasfemo
nel ghigno è contorta
e al suo ricordo ancor gemo.
Arcadia è infestata,
nel suo ciel non udremo
che arte distorta
d’uno spettro supremo.
Poesia è sepolta
e nel gelo io tremo,
della terra or incolta
è per lei il crisantemo.
Vapori malsani
si insinuan nell’aria.
Qui la scelta è varia,
ma di carne di umani.
Macellaio esperto
d’un nero macello;
s’avvicina al cancello
chi di gusto è ben certo.
Affetta con premura
le parti migliori,
del tuo amico ne ha cura
finché l’assapori.
Ma affretta il passo
dal banchetto nefasto,
se diventi ben grasso
sarai prossimo pasto.
Danza il pendolo
sulla tua gola
Danzano i fauni
presi per mano
Tutta una musica
e tronfi i sorrisi
E' la tua festa
tendiamo i bicchieri
Piombo fuso
il tuo sangue nero
Sgorgherà a fiotti
lordando la lama
Si fermerà solo
tra i fili nel legno
Aroma di resina
colla di cremisi
Nani sordi
non poterono udire
La tua gioia convulsa
separata dal tronco
Reietti i baci.
Crisantemi. Palpitano
i vermi in gola.
S'incontrano nella buia
cameretta
lei sotto il letto, lui stringe
al petto un cane, un orso
una capretta.
Nella legnaia di notte
nel cortile del nonno.
A scuola il primo giorno
o prima delle botte.
Per il camice bianco
se ruba il sonno.
Ora ha più rughe,
meno segreti
la pensa spesso
abiteranno insieme
nella terra del cipresso
benedetta dai preti.
Da una palude di luna
vidi l’antico rudere
di un tempio d’argento,
ribollire nella sovranità delle acque.
In quel vitreo pantano
Morte v’ha eretto un totem,
dove la razza carbonica
converge da stelle inaudite
al suo richiamo branchiale.
Suburre di sonni alati
gridano scagliati nel dolore,
gloria gloria gloria
alla deità nata con tre cuori.
Buio.
Buio intorno a me,
buio dentro di me,
senza fine e nemmeno inizio,
che mi ghermisce e mi soffoca,
e le mie mani vi annaspano,
in cerca di un’uscita.
Ma non posso,
ormai è solo buio,
la luce è ormai ricordo,
il freddo è il mio compagno,
questa bara la mia nuova casa.
Lo specchio impolverato
attende
nelle profondità della cantina.
Intarsiato
scheggiato
ombroso
Lo specchio attende
di cibarsi di sguardi
voluttuosi
vanitosi
lascivi.
Nel mondo sommerso
al di là dello specchio
si annida
camaleontico
il Diavolo
Mi tagli le labbra
con le forbici.
Rami secchi
di sangue
fioriscono
sui denti
serrati.
Ago
e filo
cuci struggimento
allo strazio.
Vuoi sentire ancora
sul tuo volto
il materno sorriso.
Apparente,
Ti ha sconvolto,
la morte.
La mia.
Buca la carne
Guasta
Il polpastrello intirizzito.
La lacrima colpisce il seno,
annega il verme,
stana il cuore dal sipario
delle costole.
Sotto i lombi freme il grembo:
grigia pelle balla e traballa.
Lunghi chiodi, un collare
Doma la fame.
L'inverno conserva.
Spalanco
Cerco
Spingo.
Voglio far l'amore amore mio.
Accosto le labbra e tu
Mordi.
Falco in volo rapace
là dal cancello vermiglio
candida come un giglio
brama la preda incapace.
Esce Colomba da scuola
porta lo zaino pesante
vede l’uomo al volante
rimasta lì tutta sola.
Chiusa la porta dell’auto
dietro le spalle a Colomba
vuole portarla ai giardini.
Morto sta, Falco, incauto.
Sugge suo sangue la bimba
da suoi aguzzi canini.
Seconda stella a destra,
è solo una canzone,
seconda svolta a destra,
è morte e distruzione.
Tu puoi voltarti indietro,
cambiare direzione,
ma trovi solo buio,
il sangue è la ragione.
Dell’isola mio padre
è l’unico sovrano,
dell’antro sono re,
mostruoso e disumano.
Non serve disperarsi,
o respirare piano,
accogli la mia fame,
è rossa questa mano.
Vita in una bolla
angusta e custode
Una candela accesa
Tonnellate di materia
gommosa e invincibile
Nudo senza respiro
madido d'aria viziata
Flaccidi tremori, fobie
Spalle e schiena
contro pareti
modellano il feto
Il tubo riferisce
tra dita slogate
Una candela accesa
da stringere nel guscio
Una morsa d’acciaio,
la condanna alla Vita.
Sollevi la palpebra,
Madre.
L'unghia lambisce
Spinge,
strappa.
Mastichi la sfera molliccia.
La lama pizzica,
taglia,
squarcia.
Spalanchi il ventre,
Padre.
Porgi tiepide le viscere.
Partorisco un bimbo
Di vetri e lamiere.
Un fantasma di catrame viscido.
Lei mi salva:
Maschera di buio,
Mantello di cenere,
Esplosiva, dirompente.
Dimentico,
sfilo l'ago.
Vedere la pietra oscura
battezzare il Suo teschio
e grani di metallo d’oro
irrorare le languide gote,
quando si eressero i baluardi
della Prima Alba.
Voi che vi inginocchiaste
alla Croce misericordiosa
e non coglieste mai
il fiore generato dalla nera sete,
abbiate pietà per Colui
che mutò il bacio in sangue.
Incamminata,
in una estiva notte funesta,
verso quel luogo
in cui bramavo un incontro,
la mia anima fu avvinta dalle tenebre
di un uomo diverso,
e il mio corpo straziato da mani feroci.
Mai più il suono del ruscello,
del gracidare delle rane,
del frinire delle cicale.
Solo melma
e rocce limacciose
a seppellire i miei desideri.
Ti chiederai perché
lo splendore chiama
solo viscidume e fango
e perché lebbrosi di pietraia
ardano ghermire la tua veste.
La miseria cela sempre
qualcosa di lurido
e porger la mano
ti espone al rischio.
Esausta, cedon gli occhi,
il cielo si anima
ed ali placide copron la luna.
Regni e soccombi,
non c’è più nulla e nessuno.
Trovo adesso la forza per parlare di te
anima che logora le notti e non accetta la resa,
debole, inutile arma contro il tuo male.
Questo è il mio ultimo grido prima di abbracciarti
e chiederti una pace che non vuoi,
siamo e resteremo un segreto per noi due
fragile legno tarlato fatto di pelle e sangue, ossa e paura.
Allinea lustri
sullo scaffale vetro e latta.
Cingono in grembo
sconforto,
collera, strazio.
Li ha cercati, domati,
custoditi.
Bulbi irrorati d'acqua e sale.
Radici seccate sulla corona.
Chiome vaporose senza foglia alcuna.
Un'arte
antica per l'elisir ne regge
la folle brama.
Di padre, madre,
innocente cane
Ha rubato occhio, dente,
crine.
Leggendo quel libro
qualcosa è cambiato
vedi quell'uomo che sorride da lontano?
Non era un bel sorriso
con tutte quelle zanne
vedi amore,
è ricoperto di sangue?
Ti prego non fuggire,
non sto per impazzire!
Una città dimenticata
e un dio alieno che l'ha pensata
ricordi queste parole?
La porta è spalancata amore,
non vedi il Sommo Orrore?
Insegui l’anima mia a sbranare la tua.
A strappare al presente petali di carne innocente.
Il tuo sguardo, il mio, orfani di domani.
E il lume della ragione perduto nella brama
d’essere più d’una carezza vuota nella notte,
più d’un cieco sorriso privo d’ogni speme.
Guardami, adesso, piccolo dottore.
Io sono te stesso, il tuo unico signore.
Ora.
Il respiro leggero, le sue guance paffute,
e quelle piccole mani, nel gelo che scende.
Le sfioro, le studio, manine dannate.
Nessuna illusione, ma carne innocente.
Eccomi! La pelle e le ossa strappate,
non temo il dolore, ne bramo l’istante.
Un bimbo scompare tra nebbie e vallate,
un altro sorride, nel buio silente.
Ora.
E domani...
Nella fredda caduta di latte,
dove la luce è a marcire,
esche di carogne oranude
dondolano come perverso
ultimo uso degli impiccati.
Quando la terra investe di rosso
le orbite infami delle forme,
troneggiano feroci le rive
del grottesco, e il riso randagio
nelle bocche delle voci morte.
Frammenti di mente ricompongo con stento
dispersi dal soffio di un’angoscia crescente
la Morte dinnanzi, alla mossa il pensiero
l’orologio rintocca il passare del tempo
Tra le sue mani, le nostre forze vitali
attende impaziente quale dovrà divorare
va bene, ho deciso, ho preso una scelta
te la sussurro, mio amore, e rispondi piangendo
verde nulla d’un filo d’erba
che vene sai recider
sol per trar di sofferenza
incanto
ché di rosso vestite
le labbra tue
carminie e vive
paion
...
carnose!
Il Diavolo è forma
Informe
Il Diavolo è mercurio
sgusciante mercurio
lucente e morbido
Il Diavolo è argento
solido argento
opaco e affilato
Il Diavolo gioca a dadi
Vince e perde
senza saperlo
Urla nel pianto con respiro corto,
ribatte il pugno sul corpo malato
per l’anima mai più felice porto,
con sua vita fugge il talamo odiato.
Sogna il suo animo basso speranze
d’aver suoi patimen’ ripagati,
ma peccati s’ergon a monumento.
Lo conducono in oscure danze,
or li dolor suoi saran calmati
grazie a Morte e suo ettern mutamento.
Dormivo. Un lungo, gelido inverno,
di amico blizzard spettrale carezza.
Odiavo la luce, indifeso al calore,
vivo ora una crudele primavera.
Mostri di gelo fuggono fulgida luce,
in lacrime dolci il ghiaccio si scioglie.
Riscaldato dal tocco della tua mano,
il cuore mio, freddo più non resiste.
E allora io... quando muoio... rinasco?
Sala metallica
inghiotte una donna
Perché
quella donna
ritorna?
Avanti e indietro?
Gonna rosa salmone
o pantaloni a pois.
Perché
è sempre quella donna?
Divieto di accesso
nella sala metallica
Non entrare
Ti inghiotte
e ti risputa
la sala metallica
Il ventre
liscio e ruvido
che ti vieta l'accesso