Regia: Mel Gibson
Cast: Dalia Hernandez, Mayra Serbulo, Gerardo Taracena, Raoul Trujillo,
Rudy Youngblood
Nazione: USA
Anno: 2006
Durata: 138 minuti
Yucatan, fine XV secolo circa. Una piccolo villaggio Maya viene distrutto da un gruppo di soldati, con lo scopo di catturare schiave e uomini da sacrificare agli dei. Zampa di Giaguaro, riuscito a fuggire, cercherà di tornare a casa per mettere in salvo la moglie e il figlio, mentre gli stessi soldati privi di scrupoli che hanno devastato il suo villaggio lo inseguono senza sosta.
Quarta regia per lex Mad Max Mel Gibson, che prosegue nella sua personale
ricerca del crudo realismo e nella necessità di mostrare la vera natura violenta
delluomo. Dopo le colline scozzesi e il terriccio della Terra Sacra, Gibson approda
nelle foreste del Centro America, al fine di raccontare una storia damore,
fratellanza e di vendetta. Quindi nessuna velleità documentaristica, né una
rappresentazione storica dettagliata e scrupolosa, ma solo un pregevole e sentito (e, a
fare i pignoli, intenzionalmente superficiale) spaccato di una civiltà ormai in
decadimento.
Il regista prende spunto da entrambi i suoi film (e furbescamente da qualche altro, come Il
fuggitivo, giusto per nominare il più eclatante), arrivando addirittura alla palese
e sconfortante autocitazione in unoccasione in particolare. Da Braveheart cattura lo spirito di rivalsa e punizione, mentre da The Passion fa sua la
brutalità e lefferatezza. Il problema, però, è che lascia solo a queste pellicole
il vero sentimento che le caratterizzava: lepicità e la commozione per la prima, e
la tragica drammaticità per la seconda. Apocalypto, infatti, è un film semplice
e lineare, ben ritmato e studiato (nelle scene dazione che ne costituiscono la
maggior parte), diviso in tre tronconi distinti (larrivo dei nemici, il lungo
tragitto sino al luogo sacrificale, la fuga), privo però di un qualche reale e profondo
messaggio che non si possa riscontrare nel comunque forte legame alla famiglia e
nellamore per essa provato dai vari personaggi. Anche perché il monito a inizio
pellicola è davvero troppo minimale rispetto a ciò che forse Gibson vorrebbe veramente
comunicare. E, cosa non meno importante, passa sicuramente in secondo piano dinanzi alle
caratteristiche predominanti del film.
La tanto discussa violenza insita nella pellicola (ispiratrice di una ferocie critica per
il mancato divieto ai minori di 14 anni nel Bel Paese) è certamente sadica e atroce,
intenzionalmente esagerata e mostrata in tutta la sua particolareggiata irruenza. Ma è
comunque ben integrata e piazzata nelle quasi due ore e mezza del film. È sicuramente
difficile da mandar giù per chi non ha dimestichezza con sangue e frattaglie assortite,
ma per loro (s)fortuna non si raggiungono i picchi di perversione quasi insopportabili di The
Passion, e il tutto è facilmente superabile con un po di buona volontà.
Se la costruzione della pellicola è chiara e senza tanti fronzoli, con i buoni belli e
bravi ben saldi da una parte, e i cattivi che fanno i cattivi brutti e stupidi
dallaltra, Mel Gibson alla cinepresa è volutamente caotico e ricercato, scelta che
non dispiace affatto. Viceversa, lo script è facilone, costruito comè da pochi
dialoghi, concentrati più che altro nella parte iniziale, ma caratterizzato da una serie
di collegamenti, sparsi qua e là, intelligenti e ingegnosi. Non deve quindi sconfortare
lidea di un film interamente recitato in Maya-Yucateco, data la leggerezza
strutturale delle parti parlate (stupisce però una clamorosa svista da parte - spero -
della traduzione italiana, che mette nella bocca di un Maya il termine Inferno). Anzi, la
parlata indigena garantisce limmedesimazione e una sorta di trasposizione nella
foresta sanguinosa dove prendono vita le vicende. Cosa, tra laltro, incentivata da
un comparto musicale affascinante, composto prevalentemente da tamburi e voci sussurrate.
È poi una piacevole scoperta notare come il cast, composto esclusivamente da attori poco
noti o non professionisti, sappia reggere con la giusta carica emotiva una pellicola fatta
di sguardi e inseguimenti. Rudy Youngblood, linterprete principale, dimostra di
possedere un buon bagaglio di espressioni facciali (nonostante il pubblico femminile si
perderà sin dal primo istante nei suoi occhi e nel suo fisico statuario), così come la
sua nemesi Raoul Trujillo, spietato, deciso e naturalmente odioso fin dalla sua prima
apparizione. Lunica nota negativa va rivolta a Dalia Hernandez, che veste i (pochi)
panni della moglie di Zampa di Giaguaro, fin troppo statica e immobile.
Immaginifiche e maniacali le ricostruzioni scenografiche, che nel momento del sacrificio
raggiungono vette artistiche davvero impressionanti - nonostante unesagerata
rappresentazione della civiltà, fin troppo finta e stereotipata. Così come i costumi,
ricchi di bizzarri quanto stupefacenti accostamenti di colori.
Tacciato di una presunta incongruenza storica, Apocalypto in fondo risulta
inattaccabile da questa critica. Chi scrive non ha le conoscenza adeguate per delineare
unesatta ricostruzione attinente alla storia del popolo Maya e ai fatti delineati
nella pellicola, ma nellopera di Mel Gibson sono davvero pochi i momenti in cui si
possono tirare in ballo date e precisi momenti relativi al passato. E, sicuramente, in un
film di questo tipo, così votato allazione e alla perdita-ritrovo dellamore,
è davvero sciocco soffermarsi su tali aspetti, mai così inutili per la narrazione.
Del passato registico di Gibson non cè traccia dello spessore che aveva
contraddistinto i suoi due lavori, e difatti Apocalypto è e rimane un film
davventura, veloce e adrenalinico, con le sue toccanti scene drammatiche e con il
giusto carisma tratteggiato dal protagonista. Nientaltro. Ma, in fondo, non è forse
questo che si cerca quando si va al cinema?
Voto: 7,5
(Simone Corà)